Se in anni di crisi, dal 2008 al 2010, un pò ovunque il carico fiscale, rispetto al pil, ha segnato un arretramento, a causa del crollo delle entrate fiscali, l’Italia è tra i pochissimi a non avere subito questo calo, anzi, ha incrementato, seppur di poco la sua pressione fiscale, che nel 2009 registra un 43,5%, contro un 43,3% del 2008.
Quanto basta per regalarci la poco ambita maglia di campioni di tasse; siamo sul podio, infatti, in compagnia di Daniamarca e Svezia, gli unici a fare peggio di noi. Gli unici insieme a noi e il Belgio a vantare una pressione fiscale, oltre il 40% del pil.
E’ quanto emerge dai dati OCSE, che mette in risalto come tra il 2008 e il 2009, a causa della crisi, il livello di pressione fiscale è tornato a quello di inizio anni ’90.
Un pò ovunque arretra il rapporto tasse/pil, ad eccezione di nove Paesi, tra cui Italia, Lussemburgo e Svizzera.
In altri casi, addirittura, la crisi è stata così pesante che la pressione fiscale è crollata di ben 5 punti percentuali, come in Spagna, a danno della tenuta dei conti pubblici.
L’OCSE avverte i governi che agire sull’incremento delle imposte dirette, per ripianare i conti, sarebbe un suicidio, perchè contrarrebbe le già deboli economie; semmai, bisognerebbe agire sulle imposte indirette, suggerisce.
Passando al dato sull’occupazione giovanile, presentiamo un doppio grave difetto. Sono pochi i giovani che lavorano (il 21,7% contro una media OCSE del 40,2%) e troppi i disoccupati (il 25,4% contro una media del 18%).
Ma anche in materia di disoccupazione giovanile, l’Italia ha fatto passi avanti, seppur ancora insufficienti. Ma cala anche il tasso di occupazione, in linea con i Paesi OCSE.
