Che cosa cambia con Alfano segretario PDL

Dopo le dichiarazioni di rito degli esponenti che si stringono intorno al neo-segretario del PDL, Angelino Alfano, che a fine luglio dovrebbe lasciare il dicastero della giustizia, dopo l’approvazione del Codice anti-mafia, per il quarantenne siciliano inizierà una fase per nulla facile, perchè lo attendono tante richieste e tante polemiche, interne allo stesso PDL, per non parlare del capitolo delle alleanze. Con l’avvento dell’era Alfano, si starebbe concretizzando quella strategia, a lungo meditata e mai applicata sul serio da parte del premier Berlusconi, il quale da molti mesi studia il metodo più efficace per allontanare il PDL dalla Lega senza clamori e strappi dolorosi, ma evitando che il maggior partito italiano sia nelle mani del Carroccio, che inveisce contro Roma e torna a toni primordiali, in funzione di una crescita dei propri consensi, che sembra essersi arrestata da qualche mese. Non è un caso che due nomi non sono stati citati nel discorso di Alfano, sul palco dell’Auditorium, che lo ha consacrato segretario del partito: Lega e Tremonti. Nessun accenno all’unico alleato del PDL, come se non esistesse; nessun riferimento a Tremonti, il ministro più odiato dai colleghi di governo, ormai considerato un peso, più che una risorsa.

Non è poi un caso che quando Alfano ha parlato di alleanze si sia rivolto all’UDC piuttosto che agli attuali alleati nordisti. Certo, si dirà che la Lega è già alleata, per cui l’appello andava lanciato ad altri. Ma la sostanza è che per la prima volta da 11 anni, da quando il centro-destra ha al suo interno la Lega, il partito di Bossi non viene più sopportato, perchè malgrado si sia giovato di anni di governo e di visibilità, grazie all’alleanza con Berlusconi e i suoi, il Carroccio dimostra di essere un partito isolazionista, poco incline ad andare incontro alle richieste altrui e riottoso, chiuso in se stesso e nei suoi consensi.

Alfano nei prossimi mesi farà sempre più pressing sull’UDC, per recuperare i centristi come alleati, magari nella prospettiva del voto alle politiche. Ma il tentativo di avvicinamento sembra sia nei fatti e con un Di Pietro in versione un pò più moderata, il PDL potrebbe dimostrare al Carroccio che se sbattesse la porta in faccia all’alleanza di governo, nessuno si suiciderebbe dalla disperazione. Nel 2013, nulla è scontato. Neanche che entri Casini ed esca Bossi.

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