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Libia, cosa nasconde l’interventismo francese e lo scontro con Roma

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Giuseppe Timpone

Gli attacchi militari della coalizione, Italia compresa, contro il regime di Gheddafi sono stati fortemente voluti, anzi, anticipati a sorpresa dai francesi. Il Presidente Nicolas Sarkozy, in questa faccenda, si è mosso con assoluta autonomia, tanto da destare dubbi e irritazione persino nella Casa Bianca. Ma il ritrovato interventismo della Francia cosa nasconde?

La questione è molto complessa e riguarda l’intero scenario nordafricano in evoluzione. La Tunisia di ben Alì, storicamente, è stata molto vicina alla Francia e ai suoi interessi post-coloniali in Nord Africa, ma dopo gli eventi che hanno travolto il suo regime, la Francia si è trovata con un solo alleato fedele in Maghreb, l’Algeria. Ma anche il potere di Bouteflika sembra vacillare e tutt’al più durerà solo qualche anno ancora. In Libia, al contrario, gli interessi francesi sono stati preceduti da quelli italiani, tanto che Eni è il primo operatore a Tripoli, nel campo energetico, davanti alla transalpina Total. 

Dopo i primi tumulti contro il regime di Gheddafi, i francesi hanno fiutato l’opportunità storica di sovvertire le sorti della patria, cacciando il colonnello e portando al potere un gruppo di oppositori, che potrebbero fare gli interessi di Parigi, quanto meno per spirito di riconoscenza, a discapito dell’Italia, così identificata con il vecchio gruppo dirigente di Tripoli.

Non è un caso che la Germania si sia astenuta nella risoluzione sulla “No Fly Zone”. Gli interessi energetici dei tedeschi non sono nel Mediterraneo, ma viaggiano verso est, Russia in testa. E Berlino non ha convenienza a irritare l’amico russo, contrario all’intervento, nè a faciliatare gli interessi dei francesi sul Nord Africa. E l’Italia ha tutto l’interesse strategico a evitare che questa guerra sia guidata dai francesi, e che Sarkozy porti al potere gruppi di ribelli a lui vicini. Qui la democrazia non c’entra. E nemmeno i diritti umani!

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Giuseppe Timpone