Il mese di maggio non porta evidentemente bene all’Unione Europea, dato che per il secondo anno consecutivo è proprio in questo periodo che l’Europa rischia la sua esistenza, la costruzione su cui poggia le sue basi; e ancora una volta a creare guai è la Grecia, uno stato che rischia un collasso imminente delle sue finanze, con la possibilità non remota che trascini nel baratro il resto dei Paesi europei. Sì, perchè lo stato ellenico è a un passo da un probabile default (fallimento), che si potrebbe concretizzare da ora a qualche settimana, sotto forma di una richiesta di ristrutturazione del debito. Questa espressione, a prima vista innocua, significa che gli investitori rischiano di trovarsi tra le mani titoli del debito della Grecia, con un valore anche tagliato del 70% (sono alcune previsioni) del loro valore nominale, e/o la possibilità di non vedersi rimborsati i titoli alle scadenze concordate e a tassi più bassi di quelli pattuiti nelle aste. Già un anno fa i tedeschi hanno previsto che 110 miliardi di euro non avrebbero salvato Atene dalla bancarotta e già allora Berlino si era impuntata, dicendosi contraria a un bailout. La Germania non fu ascoltata e a meno di un anno ci si ritrova al punto di partenza. I greci battono di nuovo cassa e non sono neanche riusciti a raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica concordati con la UE in sede di salvataggio.
Ma rispetto a un anno fa il clima in Europa è cambiato. La Germania è stanca di doversi prodigare in continui salvataggi; dopo la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo, i tedeschi sono infuriati contro il governo federale, perchè ritengono di dovere pagare per tutti, soprattutto in favore degli stati spreconi. E l’avanzata spettacolare del partito “Veri Finlandesi” in Finlandia, contrario ai salvataggi e determinanti per il nuovo governo, sta rovinando i piani di quanti a Bruxelles erano pronti a dare una mano ai nuovi “falliti”.
Il Portogallo se l’è cavata in extremis, con un “ni” della Finlandia, che quasi certamente sarà l’ultimo. E già in tutta Europa avanzano movimenti e partiti sempre più contrari all’impiego di denaro pubblico comunitario a sostegno di chi sbaglia. Questa volta la Grecia potrebbe essere abbandonata al suo destino. E forse le conseguenze per l’Europa saranno meno tragiche di un dissanguamento continuo per bailout.