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Grecia al collasso, “un insulto chiederci isole”

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Giuseppe Timpone

La situazione della Grecia è veramente catastrofica, con dati che ogni giorno giungono da Atene o da Parigi o ancora da Bruxelles, che certificano lo stato da libri in tribunale del Paese ellenico. Il rapporto tra debito e pil quest’anno potrebbe oltrepassare il 150%, con un deficit che l’anno scorso era al 10,5%, quest’anno era stato fissato intorno al 7%, ma lo stesso premier Papandreou ha già fatto sapere che il suo governo non è stato in grado di rispettare gli obiettivi concordati con l’Europa, quando un anno fa gli erano stati concessi 110 miliardi di euro. Probabilmente ci sarà qualche limatura al ribasso, ma le cifre sul disavanzo del 2011 non dovrebbero poi essere molto distanti da quelle dello scorso anno fiscale. E il caos greco si sta ripercuotendo sui mercati europei, sull’euro e sulla stabilità delle stesse istituzioni comunitarie, consapevoli che un default di Atene sarebbe avvertito quale fallimento della moneta unica e una perdita di credibilità della costruzione europea.

Il fatto è che Bruxelles, obiettivamente, non sa cosa fare di giusto. Continuare ad aiutare la Grecia, ma senza che da quelle parti ci sia la volontà seria di perseguire un piano efficace di risanamento, sarebbe come ritardare la certificazione del fallimento, assistendo le finanze greche in questa fase di profonda agonia.

Le privatizzazioni, in cambio di nuovi prestiti, sono l’ultima proposta che giunge dall’Europa, non incline a erogare nuovo denaro ad Atene, senza garanzie, come già avvenuto lo scorso anno. Troppo alto il rischio che il flusso ingenti di denaro non torni più indietro, per cui addirittura si valuterebbe la possibilità di creare istituzioni terze (non direttamente controllate dalla Grecia), a cui affluirebbero le risorse per almeno 50 miliardi di euro, derivanti dalle privatizzazioni greche.

Ma Papandreou ha messo le mani avanti e pressato da manifestazioni di piazza e malcontento popolare a livelli indicibili, il premier ha avvertito che non sarà accettato mai che venga chiesto alla Grecia di dare in garanzia una sua isola o un monumento, perché questo sarebbe semplicemente offensivo.

E avrà anche ragione il capo del governo ateniese, ma le sue parole tradiscono lo stato penoso in cui versano le finanze e l’economia del suo Paese e fa quasi impressione sentire un premier affermare di non volere cedere un’isola in garanzia.

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Giuseppe Timpone