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Siria nel caos. E’ al-Khatib il simbolo della ferocia di Assad

Published by
Giuseppe Timpone

La Siria è ufficialmente uno stato in preda alle violenze, al caos e all’orrore delle milizie di regime, che hanno provocato diverse centinaia di morti e altrettanti feriti nell’ultimo mese e mezzo, da quando anche qui è arrivato il vento della “primavera araba” che soffia dal Nordafrica dagli inizi dell’anno. Solo nella giornata di ieri pare che i morti siano stati 28 e tutti per mano dell’esercito e polizia, che hanno sparato sulla folla di manifestanti che protestavano vivacemente contro il feroce regime di Bashir Assad, così come su un gruppo di persone a Jisr ash-Shugur, nel nord-ovest del Paese, che hanno assaltato un edificio, sede del partito Baath, quello del presidente, dandogli fuoco. E come in ogni rivoluzione, qualcuno, anche solo un viso senza nome (come avvenne in Iran lo scorso anno) può diventarne un simbolo; è accaduto di recente anche in Tunisia, dove la rivoluzione dei gelsomini sarebbe nata per la protesta di un ambulante, poi suicidatosi, il quale lamentò a dicembre la mancanza di lavoro e le privazioni a cui era costretto a causa delle restrizioni dell’allora regime di ben Alì.

In Siria la protesta adesso ha un viso e un nome: sono quelli di Hamza al-Khatib, un ragazzino di tredici anni, che manifestava per le strade contro il regime. E’ stato fermato, arrestato, sottoposto a torture e poi ucciso. Girano immagini sul corpo della povera vittima che hanno scatenato la rabbia e ancor di più la voglia dei siriani di sbarazzarsi di un regime così violento da non salvaguardare neppure la vita di un ragazzino, poco più che bambino.

Hamza al-Khatib è oggi la ragione in carne e ossa per cui migliaia di siriani stanno rischiando la vita nelle strade delle principali città del Paese.

E a caos si aggiunge caos. Ieri, al confine tra Siria e Israele, ventidue manifestanti sono stati uccisi dalle truppe israeliane dopo che avevano tentato di scavalcare la recinzione in filo spinato, lanciando molotov contro i loro carri armati. Si trattava di siriani che protestavano per la ricorrenza della “Guerra dei Sei Giorni” del 1967, quando Israele conquistò le alture del Golan e la Cisgiordania.

Israele accusa Damasco di avere volutamente ammassato i manifestanti al confine per scatenare le violenze, in modo da distrarre l’opinione pubblica dai massacri del regime contro la popolazione civile. Il regime parla di manifestanti palestinesi. Ciò che è chiaro è che Assad ha la stessa legittimità a restare al potere di un Gheddafi e la storia cruenta di al-Khatib sta lì a dimostrarlo.

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Giuseppe Timpone