Secondo Draghi, i costi sarebbero superiori ai benefici e peraltro molto ignoti. Inoltre, non si affronterebbe il problema alla radice, per cui rimarrebbe un alto deficit da finanziare, ovviamente anche con aiuti europei. Per non parlare, aggiunge il governatore italiano, delle banche elleniche, le quali avendo perso una buona parte (10%) del loro capitale investito, dovrebbero ricapitalizzarsi, sempre con aiuti esterni.
Quindi, niente “haircuts”, ossia i tagli nominali al valore dei titoli, niente coinvolgimento degli investitori privati, se non su base volontaria. E ricorda Draghi l’esperienza dell’Italia nel 1992, quando il Paese si trovò a gestire un’esperienza simile alla Grecia, ma dalle proporzioni dieci volte superiori. Allora, dice il rappresentante di Palazzo Koch, l’Italia uscì fuori da quella situazione solo facendo ordine a casa propria, senza aiuti esterni, quindi, solo riportando il bilancio sulla strada giusta.
Infine, Draghi si sofferma sulla necessità di mettere fine a quella che ancora giudica una politica monetaria accomodante, ricordando che l’unico obiettivo della BCE è quello di mantenere stabili i prezzi. Non è compito della banca centrale manovrare i tassi di cambio, per cui lascia presagire che quando si sarà insediato a Francoforte, egli proseguirà con maggiore vigore, se possibile, una politica di incremento dei tassi di riferimento, al fine di contenere l’inflazione.