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Grecia nel caos e governo a rischio

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Giuseppe Timpone

Una delle giornate più convulse della recente storia politica greca quella che si è registrata ieri ad Atene, paralizzata dal terzo sciopero generale solo dagli inizi del 2011. La manifestazione era stata indetta dai più potenti sindacati dei lavoratori del settore privato e pubblico per protestare contro le misure di austerità previste nel piano del governo e rese necessarie da una situazione dei conti pubblici da collasso finanziario. L’Europa non concederà altri aiuti alla Grecia se non verrà approvato e realizzato un piano serio di risanamento e lo stesso discorso vale per il Fondo Monetario, dove cresce il fronte dei “no” al salvataggio, composto da personalità non europee. Tagli alla spesa pubblica, aumenti di imposte su lavoratori e pensionati e privatizzazioni: sono questi i punti essenziali del programma che il premier Papandreou presenterà in Parlamento; gli stessi contestatissimi punti che la piazza ieri ha rigettato con slogan e violenze che hanno provocato venti feriti.

Secondo la polizia, sarebbero stati almeno ventimila i manifestanti che davanti al Parlamento hanno gridato tutta la loro rabbia; quarantamila, secondo i media. La tensione è stata altissima. Al passaggio dell’auto del premier ci sono stati lanci di arance e urla.

Dentro il Parlamento, la situazione è diventata sempre più caotica, con il governo verso le dimissioni, dopo che era circolata la voce che il premier Papandreou si fosse dimesso. In serata, le dimissioni sono state smentite, ma il premier ha annunciato un rimpasto di governo e un voto di fiducia oggi stesso.

Nel corso della giornata, il primo ministro aveva invitato l’opposizione di “Nea Demokratia” a entrare nel governo per realizzare insieme il doloroso e impopolarissimo piano di austerità, come richiesto dalla UE. L’opposizione ha rifiutato, ponendo come condizioni per un governo di unità nazionale le dimissioni di Papandreou, un premier tecnico e la rinegoziazione del piano da 28 miliardi con la UE.

Preso atto dell’impossibilità di una scelta come la rinegoziazione con l’Europa, il premier avrebbe deciso di presentarsi oggi in Parlamento e chiedere un voto di fiducia, che non è più scontato, dato che un deputato socialista lo ha abbandonato ufficialmente e un altro ha già annunciato che voterà in difformità dal partito sul piano presentato dal governo.

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Giuseppe Timpone