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Governo di centro-destra: ecco le ipotesi di riforma fiscale

Published by
Giancarlo Sali

Con il passare dei giorni e le dichiarazioni ferme del Presidente del Consiglio Berlusconi ieri in Parlamento, aumentano le possibilità che una riforma fiscale rivoluzionaria possa prendere forma nel nostro Paese. Le difficoltà non mancano, perché uno Stato con un grosso debito pubblico come il nostro ha ancora maggiori difficoltà a reperire le risorse che dovrebbero garantire un significativo calo del carico fiscale su tutti i suoi cittadini. Proviamo comunque a esporre i tratti generali di una manovra che ancora non è stata ufficializzata, sulla quale però le indiscrezioni si sprecano su tv e giornali.

Per prima cosa e come primo step della riforma, l’aliquota del 23% per i redditi fino ai 15mila euro (ad esclusione ovviamente dei redditi particolarmente bassi che resterebbero esenti) verrebbe portata al 20%. La scelta sarebbe alquanto costosa perché la percentuale di italiani compresa in questo range è molto più alta rispetto alle altre, però allo stesso tempo una svolta in questo senso sarebbe quanto di più democratico, auspicabile ed equo possibile.

Dove ricavare i soldi per attuarla? Dall’aumento dell’iva dal 10% all’11%, e dal 20% al 21%, con possibilità (ancora tutta da discutere, perché qui molti sarebbero i pareri contrari) di un aumento anche dell’iva ridotta (riservata ai beni di prima necessità) dal 4 al 6%. Parte di riforma da attuare entro la fine di quest’anno, con effetto dal 2012.

E poi il discorso delle tre aliquote? Quello è la meta ideale per il centro-destra da realizzare entro il 2013. Esse dovrebbero essere del 20%, 30% e 40%. Tutte da stabilire le fasce di reddito a cui collegarle, perché ovviamente a quel punto non si potrebbe lasciare per esempio la prima fascia solamente appannaggio dei redditi inferiori ai 15 mila euro, perché parte del ceto medio che va dai 15mila ai 28mila euro addirittura subirebbe in tal modo un aumento delle tasse (ora al 27%), andando poi a favorire i ricchi con oltre 70 mila euro di reddito all’anno. Con un aggiustamento sul ceto medio la riforma a quel punto diventerebbe vantaggiosa ed equa per tutti, con la speranza però ovviamente di poter ricavare le risorse necessarie (aumentare le imposte sulle rendite finanziare ad esclusione dei Bot è l’idea maggioritaria in proposito) alla sua attuazione.

Una chicca per completezza d’informazione: e se invece di riprendere con le tasse indirette (l’Iva) i soldi dati agli italiani con il taglio delle tasse dirette, si abolissero subito le Province? E’ vero che gli impiegati andrebbero subito ricollocati altrove, giustissimo! Ma essi non andrebbero rimpiazzati una volta in pensione, in più si risparmierebbe sui lauti stipendi di Presidenti, Consiglieri, Assessori ecc. ecc. da subito, e sulle ingenti spese elettorali che si ripetono ciclicamente, nel migliore dei casi, ogni 5 anni.

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Giancarlo Sali