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Retribuzioni bloccate all’1,8%, crescono meno dell’inflazione

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Andrea Luigi Gaetani

Secondo l’Istat, Istituto nazionale di statistica, le retribuzioni orarie sono rimaste ferme ai valori di Maggio, mentre l’inflazione continua a galoppare. Il tasso d’incremento annuo delle retribuzioni è fermo all’ 1,8%, dato nettamente inferiore al valore dell’incremento dell’inflazione, cresciuta del 2,6% secondo i rilevamenti del mese di Maggio. I settori che presentano un incremento maggiore rispetto al 2010 sono: tessili, abbigliamento e lavorazione pelli (4,1%), militari-difesa (4,0%), forze dell’ordine (3,7%) e attività dei vigili del fuoco (3,4%). Invece, i settori in cui l’incremento è più basso sono i ministeri, le scuole, le regioni e le autonomie locali, il servizio sanitario nazionale, tutti con uno 0,3% di incremento.

Un altro dato significativo rilevato dall’Istat è che alla fine di Maggio circa 4,5 milioni di lavoratori dipendenti attendono un rinnovo del contratto, quindi circa il 34,7%. L’attesa media per il rinnovo del contratto scaduto è di 17,1 mesi. Inoltre, sempre alla fine di Maggio 2011, i contratti di lavoro in vigore per la parte economica corrispondono al 65,3% degli occupati. Di questi contratti ne sono in vigore 42, aventi la funzione di regolare i rapporti di lavoro di circa 8,5 milioni di dipendenti, corrispondenti al 65,3% dei totali. Nel settore privato sono l’81,8% di contratti ad essere monitorati: 100% per il settore agricolo, 94,6% per l’industria, 67,6% per i servizi privati. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, visti i fallimenti delle trattative per il trienno 2010-2012, i contratti sono scaduti dal mese di Gennaio 2010.

Secondo le proiezioni annue dell’Istat, le retribuzioni orarie dovranno incrementare nel corso di quest’anno, in tutti i settori dell’economia, solo dell’1,8%.  Per il Codacons (Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori), i dati e le proiezioni dell’Istat palesano che “ormai sia dal 2002 che gli stipendi e le pensioni restano al palo mentre i prezzi, le tariffe e le imposte continuano ad aumentare”. “Fino a che le retribuzioni continueranno a perdere potere d’acquisto è di tutta evidenza che i consumi continueranno a crollare”, continua il Codacons, quindi “sarebbe una scelta sciagurata quella che il governo si appresterebbe a fare giovedì, ossia congelare ancora per un anno il contratto dei pubblici dipendenti”. Perciò il mancato rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici porterà a delle ripercussioni sull’intera economia.

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Andrea Luigi Gaetani