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Spagna, socialisti virano a sinistra e popolari si preparano al governo

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Giuseppe Timpone

E’ una Spagna in transizione tra la fase zapaterista, iniziata con gli applausi scroscianti della stampa progressista europea e finita tra i fischi e la rabbia popolare di un Paese sfinito da una crisi spaventosa, e l’annuncio di un inizio nuovo, che potrebbe arrivare il prossimo marzo, quando i popolari di Mariano Rajoy, stando ai sondaggi, dovrebbero vincere le elezioni politiche. Ciascuna delle due parti si prepara alla sfida, in modo diverso e con idee diverse. I popolari si sono riuniti in un campus estivo, organizzato dall’ex premier José Maria Aznar, a Navacerrada, sulle montagne della Sierra, che vede la presenza di una cinquantina di ospiti, tra cui quaranta spagnoli e una decina di stranieri, al fine di studiare come governare la Spagna dal 2012 in poi. Nessuna manifestazione di tributo o passerella per questo o quel politico. Lo stesso Aznar non prende nemmeno mai la parola e lo si vede solo a prendere appunti, quando relazionano gli altri. L’idea è quella di un campus formativo, in cui discutere e proporre soluzioni. I popolari sanno, infatti, che nel 2012 potrebbe passare a loro, con molta probabilità, la guida del Paese, che troveranno in condizioni del tutto diverse da come lo avevano lasciato nel 2004. Niente è rimasto di quella economia rampante di cui Aznar e i popolari erano orgogliosi, avendo guidato il boom tra il 1996 e il 2004. Se arriveranno al potere, troveranno il 21% di disoccupati, il 44% tra i giovani e un’economia molto più indebitata, con una crescita che solo quest’anno potrebbe iniziarsi a intravedere, essendo stata in recessione oltre un anno in più degli altri stati dell’Eurozona.

E i socialisti, consapevoli della scarsa credibilità di cui godono tra gli spagnoli, tentano la carta dello spostamento a sinistra. Visto che i sondaggi e le amministrative di due mesi fa confermano il crollo verticale del partito, tanto vale differenziarsi al massimo da Rajoy, proponendo soluzioni come la sovra tassazione dei profitti delle banche per creare lavoro e puntando sul disagio dei disoccupati, in modo da strizzare l’occhio agli “indignados”.

D’altronde a questo è servita la candidatura di Rubalcaba, a non bruciare qualche buon elemento per il futuro del partito, sacrificando colui che la base socialista non ama particolarmente.

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Giuseppe Timpone