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Il procuratore Bruti Liberati lancia l’allarme sui reati finanziari e sfata un pò di “miti”

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Giuseppe Di Spirito

Il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, ha tenuto una conferenza stampa relazionando sull’attività del suo ufficio, in un rapporto di circa 60 pagine che parla dei risultati ottenuti e delle tante criticità da affrontare nel lavoro quotidiano. Torna alla ribalta, spesso sommerso dalle informazioni distorte diffuse artatamente dagli ambienti di governo, l’annoso problema della carenza di uomini e mezzi. La Procura è in affanno per un vuoto di organico che ammonta addirittura ad un terzo del totale, con sole 253 unità di personale amministrativo in servizio. Una situazione che si trascina da anni a causa dell’ostinazione sul mantenimento del blocco delle assunzioni e di una organizzazione ormai decrepita, concepita quando la situazione degli uffici giudiziari era assai differente. Val la pena di ricordare per completezza di informazione, come il governo Berlusconi abbia in pratica cestinato tutti i propositi del precedente esecutivo circa un piano di assunzioni di alcune migliaia di unità impiegatizie, sostituendoli con un espediente matematico che rivedendo al ribasso le piante organiche ha in pratica reso ancora peggiore l’emergenza senza darlo a vedere.

Ma Bruti Liberati lancia anche un clamoroso allarme sui reati finanziati, parlando di un “costante aumento” della criminalità economica, con la crisi che spinge quelli di bancarotta. Si parla di un aumento che raggiunge il 400% per reati fiscali, mentre per quelli fallimentari si arriva all’80% di incremento. Dito puntato anche contro l’inefficace lotta al fenomeno dell’evasione fiscale, che nonostante tutto è in continuo aumento, con il procuratore che svela un aspetto ignoto ai più: “c’è un grave ritardo (dai cinque ai sei anni) con il quale l’Agenzia delle Entrate trasmette le notizie di reato che ha sostanzialmente ‘depenalizzato’ questi reati a causa della prescrizione”. Sconcertante, eppure mai sentito strombazzare in Tv dai solerti esponenti della maggioranza.

Ed a proposito di vedere e non vedere, i dati sull’attività di intercettazioni telefoniche a cura della Procura della Repubblica di Milano ci dicono che nell’ultimo anno quelle disposte sono calate del 33 per cento, passando da 13.654 (307 ambientali) a 9.249 (391 ambientali) con una ovvia riduzione di spesa. Dati una volta tanto reali e riscontrabili, ben lontani da favolistiche ricostruzioni diffuse a volte dallo stesso Silvio Berlusconi, secondo il quale ci sarebbe un “pericolo” di “non poter parlare a telefono liberamente” per molti milioni di italiani.

E sempre per rimanere su argomenti “caldi” si apprende che a Milano ultimamente l’unico episodio di “fuga di notizie” di una telefonata “ancora in fase di segreto delle indagini” è avvenuto quando il quotidiano “Il Giornale” ha pubblicato la conversazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte, il famoso “Abbiamo una banca?”. Un colloquio intercettato ma non ancora depositato agli atti, una violazione di cui la Procura ha individuato i responsabili e l’esito è stato “il patteggiamento della pena per gli imputati Raffaelli e Petessi” mentre “l’imputato Favata è stato condannato in giudizio abbreviato, e l’imputato Paolo Berlusconi è stato rinviato a giudizio”. Insomma, un paradosso per chi, come gli ambienti del “centrodestra” attuale, non fa altro che attribuire ad intercettazioni e fughe di notizie una connotazione politica di parte avversa.

Sul pasticcio del “processo lungo” il Bruti Liberati taglia corto e dichiara “ci porremo il problema quando sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Prima no” ed infine, una curiosità: il famosissimo “caso Ruby” non risulta citato nel rapporto, a differenza dei processi Mills, Mediaset e Mediatrade, tutti riguardanti il presidente del Consiglio e segnalati per “rischio prescrizione”. Il motivo? Secondo il procuratore capo è “un caso abbastanza ordinario, che non ha creato particolari problemi”.

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Giuseppe Di Spirito