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Pareggio di bilancio in Costituzione, inizia una rivoluzione culturale

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Giuseppe Timpone

Una delle iniziative ieri annunciate dal premier in conferenza stampa, convocata d’urgenza per via della crisi dei mercati finanziari, riguarda l‘introduzione del vincolo del pareggio di bilancio in Costituzione, per la quale cosa saranno richiamate al lavoro le Camere, dato che le rispettive commissioni affari costituzionali di Camera e Senato dovranno iniziare a mettere mano a ciò che non sarà una modifica costituzionale di poco conto. Da molti anni, in Paesi come gli USA si discute sulla necessità di introdurre un vincolo di bilancio o un tetto massimo di debito in costituzione, come anche di recente per la discussione sull’innalzamento del tetto sul debito americano. Tali proposte non vengono mai attuate veramente, perchè limitano in modo definitivo la possibilità dei governi di fare spesa pubblica in deficit e si capisce benissimo come ciò non piaccia ai governi. Pertanto, la previsione di un bilancio in pareggio generalmente non esiste in alcuna carta costituzionale.

Tuttavia, la Germania, ad esempio, ha nella sua costituzione un articolo che impone al governo federale un tetto annuo massimo di indebitamento, legato alla spesa per investimenti, cioè il deficit annuo non deve superare la spesa per investimenti. Tale previsione apparentemente buffa nasce dalla considerazione che l‘indebitamento che uno stato provoca ricade sulle generazioni future, le quali dovranno almeno essere “risarcite” con spese per investimenti, che vanno a beneficio dell’economia nel medio-lungo termine.

Tornando all’Italia, mai alcuna norma come quella ieri annunciata dal premier Berlusconi è stata opportuna e del tutto necessaria per salvaguardare il futuro del nostro Paese. Si pensi solo che se tale previsione fosse esistita negli anni Ottanta, oggi probabilmente l’Italia sarebbe la Germania della situazione. In che termini introdurre ora il vincolo di bilancio nella Costituzione? Le proposte potrebbero essere svariate. Si potrebbe, ad esempio, imporre a governo e Parlamento di risanare obbligatoriamente l’eventuale disavanzo dell’esercizio precedente, prevedendo un lasso di tempo massimo (1-2 mesi) per farlo. In mancanza di una manovra correttiva, a copertura integrale del disavanzo provocato l’anno precedente, si potrebbero, per ipotesi, bloccare automaticamente le erogazioni di spesa, come stava per accadere negli USA se non fosse stato trovato un accordo sull’innalzamento del tetto sul debito.

Un’altra alternativa potrebbe consistere nel taglio automatico e lineare di tutti i capitoli di spesa (compresi stipendi pubblici), fino alla copertura totale del disavanzo. Ancora, in termini più estremi, ma quanto mai efficaci, si potrebbe anche prevedere la possibilità di uno scioglimento automatico del Parlamento nel caso questi non desse seguito all’obbligo di copertura del disavanzo per il mantenimento del pareggio di bilancio.

Per la prima volta nella storia italiana ci troveremmo dinnanzi a una classe politica che necessariamente non avrebbe più la possibilità di utilizzare il bilancio come uno strumento di spesa in deficit. Sarebbe la rivoluzione delle rivoluzioni.

 

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Giuseppe Timpone