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Manovra, già ipotesi di correzioni contro il caro tasse

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Giuseppe Timpone

La manovra finanziaria da 45,5 miliardi non è affatto andata giù alle categorie produttive e a una parte del PDL, la quale capeggiata dai “frondisti” Antonio Martino e Guido Crosetto, starebbero per avanzare proposte che vadano nella direzione di eliminare quell’odioso contributo di solidarietà sopra i 90 mila euro annui di reddito, che porterebbe per tre anni l’aliquota massima Irpef al 53%. Troppo per un Paese che deve fare i conti con una bassa crescita e uno stallo di consumi e investimenti. E lo sa lo stesso premier, il quale con “il cuore che gronda sangue”, ha accettato, suo malgrado, misure di inasprimenti fiscali che vanno nella direzione opposta a quanto da sempre vantato dal centro-destra, dal 1994 a oggi: mai messo le mani in tasca al contribuente. Ma servono soldi e tanti ed è per questo che i frondisti non annunciano una serie di proposte vuote, ma si apprestano a presentare una contro-manovra vera e propria, che abbia come finalità quella di evitare il salasso fiscale sul ceto medio, reperendo altre voci di tagli alla spesa pubblica e magari strappando un piccolo aumento dell’Iva, che avrebbe un effetto meno negativo.

Insomma, si tratta di scegliere il male minore. Il raggio di azione non è ampio, perchè bisogna fare i conti con la pace sociale, da un lato, e con le scelte politiche, dall’altro.

Ad esempio, il capitolo da cui si potrebbero reperire gran parte delle risorse a compensazione del venire meno del contributo addizionale Irpef sarebbe quello delle pensioni. Ma la Lega ha già chiarito che, fosse per lei, potrebbe anche cadere il governo, ma non si toccano i soldi della povera gente. Bossi, in questi giorni, sta già girando in lungo e in largo il Nord per incassare il consenso dell’elettorato sul fatto che abbia evitato di mettere le mani nel capitolo previdenza.

E così, si vocifera, che l’unica concessione strappabile alla Lega sarebbe l’anticipo della quota 97 (mix tra età anagrafica e contributi versati) al 2012. Niente blocco delle pensioni di anzianità.

Più probabile un intervento sull’Iva, magari solo sull’aliquota del 20%, che potrebbe essere portata al 21%. Operazione che porterebbe nelle casse dello stato circa 6 miliardi di euro. Ma l’altra ipotesi che incontrerebbe il plauso popolare, ma che non pare abbia molte chances di vedere la luce, sarebbe l’abrogazione totale delle province. Qualche miliardo lo si prenderebbe, ma la Lega nicchia. L’UDC, al contrario, darebbe la sua disponibilità solo per abolire “tutte” le province, non solo alcune. Che la maggioranza rinsavisca!

 

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Giuseppe Timpone