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Scacco a Brunetta, rischio incostituzionalità per la norma anti-assenteismo

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Giuseppe Di Spirito

Lotta ai fannulloni o lotta ai più deboli, magari ammalati? E’ sempre stato l’interrogativo che si saranno posti almeno una volte le persone ragionevoli di fronte ai fantasmagorici proclami del vulcanico ministro Renato Brunetta, che tra i suoi cavalli di battaglia ha sempre agitato una riduzione delle assenze dei lavoratori nella Pubblica Amministrazione, ottenuta col “pugno di ferro”. Ora il tribunale del lavoro di Livorno solleva la questione di incostituzionalità sull’articolo 71 della legge 133 del 2008 (cosiddetta legge Brunetta) che prevede la decurtazione degli emolumenti accessori per i primi 10 giorni di malattia. Il giudice Jacqueline Monica Magi ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Claudio Altini per conto di 50 lavoratori del settore scolastico in provincia di Livorno, assistiti dal sindacato Unicobas della Toscana.

E’ stato proprio il sindacato a rendere nota in questi giorni la notizia (benchè l’ordinanza risalga al mese di Agosto) chiarendo che si riferisce alla vertenza di lavoratori “Ata” che si erano visti ridurre la busta paga in seguito a periodi di malattia e secondo il segretario regionale Claudio Galatolo, questa pronuncia, ad oggi prima ed unica, dimostra che “lottare per i propri diritti alla fine paga”.

Nella sua decisione il giudice ha ritenuto ”rilevante” l’eccezione di legittimità costituzionale sollevata sull’articolo 71, in riferimento agli articoli 3, 32, 36 e 38 della Costituzione, e se tale norma prevede che durante i periodi di assenza per malattia, ai lavoratori  pubblici vada corrisposto per i primi 10 giorni solo “…il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennita’ o emolumento… nonche’ di ogni altro trattamento accessorio” ciò comporta, secondo il tribunale del lavoro, che “la malattia diventa un ‘lusso’ che il lavoratore non potrà più permettersi e ciò appare in contrasto con l’articolo 36 della Costituzione che prevede che sia garantita una retribuzione proporzionata ed in ogni caso sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa”. Oltre a ciò, nell’ordinanza si nota ancora che ad oggi esiste una “disparità di trattamento” tra i lavoratori del settore pubblico rispetto a quelli del privato, non tacendo le ripercussioni di tutto l’impianto sul “diritto alla salute”, in quanto la consapevolezza di andare incontro ad un danno economico porta ad una minore attenzione per la propria condizione, ed il lavoratore “viene di fatto indotto a lavorare aggravando il proprio stato di malattia, creando così un vulnus a se stesso e al Paese”. Infine, la decurtazione stessa dello stipendio, considerata la modesta entità dello stesso, “diventa tale da non garantire al lavoratore una vita dignitosa” e finisce per “far venire meno i mezzi di mantenimento e assistenza al cittadino in quel momento inabile al lavoro”.

Raggiante per il risultato ottenuto, ma consapevole di “aver vinto una battaglia e non la guerra”, il Segretario nazionale Unicobas, Stefano d’Errico, in attesa degli sviluppi chiama il mondo della scuola alla mobilitazione per il 7 Ottobre prossimo, contro un altro ministro però: Maria Stella Gelmini.

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Giuseppe Di Spirito