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Milanese è salvo ma il Pdl riparte all’assalto contro Tremonti

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Giuseppe Di Spirito

Vittoria avvelenata sul caso di Marco Milanese da parte del governo. Se è vero che è passato il “no” all’arresto, nascono nuovi fronti di polemica causati da un lato dai sette voti in meno ricevuti, che scatenano la caccia ai franchi tiratori, e dall’altro dall’assenza in Aula di Giulio Tremonti. L’analisi del voto è presto fatta, con l’opposizione che aveva dalla sua 299 deputati, e si ritrovava alla fine con 306 voti (compreso quello non conteggiato del vicesegretario del Pd Enrico Letta) e nessuno capisce ancora da dove siano spuntati gli altri 7. Tra le fila della maggioranza c’erano 8 assenti, non tutti giustificati, ed Umberto Bossi respinge ogni addebito sullo zampino leghista: “Noi quando diamo la parola, la manteniamo”.

Il punto caldo rimane quindi, momentaneamente, la “misteriosa” assenza del ministro dell’Economia. La spiegazione ufficiale è che si era recato alla riunione del Fondo monetario internazionale a Washington, ma a quanto pare ciò non basta ai suoi stessi colleghi di governo, che partono all’attacco con dichiarazioni ambigue, a volte infuocate.

Se non è attualmente chiara l’opinione dello stesso Milanese, suo ex-collaboratore, che per alcune fonti giornalistiche risulta si sia detto “deluso” o addirittura “irritato” per l’assenza del titolare dell’Economia, mentre per altre è intento a smorzare le polemiche, alcuni deputati di maggioranza, nascosti dietro l’anonimato, si sono lasciati andare a giudizi poco simpatici sul comportamento del ministro: “Noi siamo qui a salvare il suo collaboratore e lui non c’è”, avrebbero sbottato. Fabrizio Cicchitto invece è tra quelli che gioca a viso aperto ed al riguardo parla di un atteggiamento “non responsabile”, seguito a ruota da Daniela Santanchè che col solito stile veemente si è spinta a definire “umanamente vergognosa” la mancanza di Tremonti. “Noi oggi ci abbiamo messo la faccia in nome del garantismo e in difesa delle prerogative dei parlamentari. Non aver visto la sua è ingiustificabile”, ha concluso la coordinatrice del Pdl. Dulcis in fundo Silvio Berlusconi, cercando di accennare un sorriso, incalzato dalla stampa ha preferito glissare con un “Fatemi un’altra domanda”.

Già nei giorni scorsi il declassamento del debito italiano da parte di Standard&Poor’s aveva reso scottante la poltrona di Tremonti, tanto che il ministro della Cultura Giancarlo Galan aveva dichiarato al Corriere della Sera di aver chiesto al premier di spacchettare le competenze del dicastero presieduto dal collega, sollevando così Tremonti di fatto da alcuni incarichi chiave.

Forse è stanco Tremonti, stanco di essere ogni giorno additato come unico responsabile di quel che sta succedendo, specie dopo aver dovuto fare buon viso a cattivo gioco sulla manovra finanziaria, che gli è stata stravolta sotto il naso. I più attenti avranno notato che il provvedimento approvato dalle Camere era ben differente dagli intenti della versione originale ferragostana, divenuto ormai tardivo e sempre più iniquo, terminando con i favori alla “casta” e con l’inopportuno aumento dell’Iva. Impossibile sapere se le ultime “firme” apposte da Tremonti siano state sincere o dovute dalla ragion di Stato, trasformandolo di fatto in un “parafulmine”.

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Giuseppe Di Spirito