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Caso Tarantini, avvocati baresi contro i pm napoletani: hanno violato segreto d’ufficio

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Bruno De Santis

La Camera penale di Bari segnalerà al Procuratore generale della Cassazione e al ministro della Giustizia il decreto con il quale i pubblici ministeri napoletani Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock hanno sollevato dal segreto professionale, Nicola Quaranta, uno degli avvocati di Gianpaolo Tarantini: è l’ultimo capitolo dell’inchiesta che ha visto i magistrati napoletani indagare su un presunto ricatto commesso da Tarantini, dalla moglie Angela Devenuto e dal direttore dell’Avanti, Valter Lavitola, ai danni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Gli atti dell’indagine sono ora passati proprio alla procura di Bari, dopo la decisione del giudice delle indagini preliminari e di quello del riesame che ha anche riqualificato il reato in istigazione a mentire; al momento l’unico indagato risulta essere Valter Lavitola, mentre è al vaglio degli inquirenti la posizione del premier.

LA SEGNALAZIONE – La decisione degli avvocati pugliesi è arrivata nel corso dell’assemblea dei penalisti baresi, convocata dal presidente della Camera penale di Bari, Egidio Sarno. Secondo gli avvocati di Bari soltanto il giudice, in seguito ad accertamenti può chiedere al professionista di deporre, nel caso in cui la sua dichiarazione di astensione sia infondata, secondo quanto affermato dall’articolo 200 del Codice di procedura penale. Secondo i penalisti, il provvedimento firmato lo scorso settembre dalla magistratura napoletana è “abnorme perché non emesso da un giudice, ma dalla stessa parte processuale” e deriva da una “autonoma valutazione discrezionale”. 

All’assemblea ha preso parte anche il presidente dell’Unione delle Camere penali, Valerio Spigarelli, che ha usato parole molto dure nei confronti dei pubblici ministeri partenopei parlando di iniziativa “grave e sconcertante”. La segnalazione fatta a Cassazione e guardasigilli può ora portare a provvedimenti nei confronti dei pm napoletani.

LA REAZIONE DELLA PROCURA DI NAPOLI – Non si scompone però il Capo Procuratore di Napoli, Giandomenico Lepore che parla di “notizia già nota” e dichiara che la Procura partenopea “ha già inviato gli atti alla Procura generale della Cassazione, tramite la presidente della Corte d’appello e una copia è stata inviata anche al Consiglio Superiore della Magistratura per conoscenza”. Lepore precisa infine che il decreto firmato dai colleghi si riferisce a un “istituto previsto dal codice”.

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Bruno De Santis