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Fronda nel PDL, sei firmano per cambio governo

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Giuseppe Timpone

Sarebbero sei i nomi di deputati “dissidenti” che ieri sera hanno firmato e inviato una lettera all’indirizzo del loro partito, il PDL, chiedendo che il premier faccia un passo indietro, rendendo possibile un allargamento della maggioranza ai centristi di Casini. Un’ipotesi che ha messo in allarme tutto il partito, visto che la maggioranza gode di numeri risicatissimi alla Camera. Subito dopo avere ricevuto la lettera, due deputati contattati dal coordinatore Denis Verdini avrebbero assicurato lealtà al governo in ogni caso, mentre altri quattro avrebbero ritirato la firma. Quindi, è stata tirata la pietra ma nascosta la mano. Un ennesimo caso di potenziali defezioni, che non lasciano per nulla tranquilli i vertici del PDL.

Non è un caso che una delle reazioni più stizzite sia provenuta dal segretario Angelino Alfano, che ha parlato di “Opa ostile contro la maggioranza”, nel tentativo di raccogliere una decina di deputati e formare un governo ribaltonista. Non sono state prese molto bene le parole dell’on.Paniz, il quale ha dichiarato che il venire meno del consenso del premier sarebbe dovuto alla commistione tra pubblico e privato, invitando Berlusconi a dimettersi per lasciare la guida del governo a uno tra Gianni Letta e Renato Schifani. Lo stesso Paniz, tuttavia, raggiunto dai cronisti, ha affermato e giurato che mai voterà contro il premier e il suo governo.

Tuttavia, se tutti sono così fedeli, non si capisce il senso di una lettera firmata persino da uomini come Giorgio Stracquadanio e Isabella Bertolini, ossia ultra-berlusconiani. L’idea del PDL sarebbe di attraversare le immense difficoltà fino a gennaio, per poi andare eventualmente a nuove elezioni anticipate. Perché è chiarissimo che una maggioranza alternativa non ci sarebbe, dato che quella attuale ancora gode dei numeri per governare e non sarebbe possibile un governissimo in cui stanno insieme dai pidiellini della prima ora ai dipietristi anti-berlusconiani, ancora fino ai finiani e casiniani del centro.

Ma il Consiglio dei ministri di ieri, con una lite pare accesa tra il premier e il ministro dell’economia Tremonti, è stata l’ennesima dimostrazione che il governo non può andare avanti così. Sono profonde le divisioni all’interno della maggioranza e si rende assolutamente necessario il recupero di un rapporto con Casini. Ma il guaio è che questi non vuole sentire parlare di un premier di nome Silvio.

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Giuseppe Timpone