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Piazza Affari “gela” Monti, ma la stampa ora tace

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Giuseppe Timpone

La crisi dei mercati degli ultimi mesi è stata addossata alla responsabilità del governo Berlusconi, reo di non avere dato le dimissioni il prima possibile, in quanto presunto screditato a livello internazionale. Quotidiani nazionali di grande rilevanza, come Corriere della Sera, La Stampa e Repubblica si sono sperticati per settimane, nel tentativo di spiegare ai lettori che il colpevole di quanto stesse accadendo sui mercati fossero Berlusconi e le sue escort, il premier e le sue barzellette, Bossi e il suo dito medio. Certo, non spiegano già allora gli illustri quotidiani perchè anche le altre borse europee crollassero, che fosse anche colpa delle gaffe di Sarkozy o della scarsa simpatia di Frau Merkel o ancora dell'”abbronzatura” poco gradita ai mercati di Barack Obama, nulla su quanto stesse accadendo anche nei loro Paesi. L’unica ossessione del direttore De Bortoli, per limitarci al più importante, è stata la dimostrazione che in Italia servissero i “tecnici” al posto dei politici. Una campagna ben congegnata e alla luce dei risultati, vincente, piaccia o meno.

E così, quando Berlusconi si è dimesso e il giorno successivo la borsa è crollata del 4% e lo spread esploso a 576 punti, si addossò ancora una volta la responsabilità al premier, colpevole di non essersi dimesso subito. Poi, quando il giovedì Piazza Affari recupera e lo spread stringe, si inneggiò al miracolo di Monti. Si è arrivati al ridicolo di scrivere che questi ci avrebbe fatto risparmiare in due giorni tre miliardi, “confondendo” la situazione del mercato secondario con le aste del Tesoro.

Ieri mattina, poi, le cose erano partite bene e già Piazza Affari guadagnava il 2%, quando la stampa nazionale che conta si lanciava in lodi al cosiddetto “effetto Monti“. Poi, a metà seduta, pollice verso. Milano chiude a quasi -2% e lo spread risale. I direttori imbarazzati e smentiti su quanto avessero pomposamente affermato solo qualche ora prima, non hanno esitazioni: è l’incertezza del PDL e della maggioranza sul nuovo governo a creare tensioni sui mercati. Forse che il PDL esiste anche a Berlino o a Parigi, visto che chiudevano negative anche le piazze finanziarie di Germania e Francia?

E che dire delle affermazioni del presidente UE, Herman van Rompuy, che ha sostenuto in una sua dichiarazione che il giudizio sull’Italia non cambia, anche se il governo di Roma sarà un altro. Sarebbe pretestuoso leggere queste parole come un segnale di sfiducia verso il nuovo corso politico. Più interessante notare come la presunta “buona” informazione stia cadendo vittima dei suoi stessi teoremi.

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Giuseppe Timpone