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Monti già spacca il PD. Esplode caso Fassina

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Giuseppe Timpone

Il Partito Democratico è tornato a quello che meglio sa fare: dividersi. Durante l’ultimo anno e mezzo, solo le buffonate all’interno del centrodestra avevano oscurato le divisioni e le lacerazioni molto pesanti nella sinistra, che ha potuto però godersi lo spettacolo della lite Berlusconi-Fini, le frammentazioni dentro il PDL e le litigate anche tra questi e la Lega. Ma ora che lo show poco gradito è finito, ne inizia un altro, che certamente avrà il pregio di mandare in scena attori più navigati, come solo dalla sinistra divisa sempre e comunque possono provenire. E l’occasione dello scontro stavolta si chiama Stefano Fassina, 45 anni, ex bocconiano, nominato da Bersani quale responsabile della politica economica. Ieri l’ex ministro dell’interno e già sindaco di Catania, Enzo Bianco, a capo di uno “spiffero” liberal dentro al PD, ha raccolto alcune firme per chiederne le dimissioni. Motivo? Fassina ha una linea politica, oltre che economica, in contrasto con le posizioni del partito.

E così, si è scatenato il putiferio dentro ai Democratici, tra difensori e sostenitori di Fassina, il quale negli ultimi giorni aveva attaccato la BCE per la sua politica monetaria, l’Europa per la sua politica depressiva e lo stesso governo Monti, che ritiene essere un’opzione peggiore di quella del voto.

Per non parlare delle ricette su lavoro e pensioni, con Fassina su posizioni nettamente contrarie a quelle del prof. Pietro Ichino (quest’ultimo si batte per un contratto flessibile), così come è contrario a una riforma del sistema previdenziale. Alla fine, essendo l’uomo di Bersani, le firme dell’incauto Bianco contro di lui sono state ritenute un attacco alla segreteria nazionale, che notoriamente non ha un buon feeling con i siciliani che fanno capo all’ex sindaco di Catania. Quest’ultimo non ha, infatti, benedetto l’accordo tra PD e il governatore Lombardo, gradito all’ala ex DS della Finocchiaro, anch’ella catanese, che smaniava per un’intesa con il presidente autonomista, tanto da dare vita a un ribaltone a Palermo, che ha estromesso il PDL dall’amministrazione regionale.

Bersani ha cautamente difeso Fassina, sostenendo che la linea del partito è una e che questi si adeguerà ad essa. Sta di fatto che nonostante Enrico Letta abbia cercato di gettare acqua sul fuoco, ciò che sta emergendo è che la prima vittima del governo Monti potrebbe essere proprio la sinistra che – c’è da giurarci – si lacererà tra ala riformista e ala più di sinistra su questioni cruciali, quali lavoro, pensioni, tasse, Europa, facendone esplodere le contraddizioni di questi anni, nascoste solo da un centrodestra litigioso e pasticcione.

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Giuseppe Timpone