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I neutrini non erano più veloci della luce? Secondo gli studiosi è presto per dirlo

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Giuseppe Di Spirito

Clamorosa smentita in arrivo sulla rivista “Science“, i neutrini non sarebbero più veloci della luce, l’esperimento “Opera” sarebbe stato ingannato da una connessione difettosa tra il ricevitore GPS e il computer usato per calcolare il tempo impiegato dalle particelle per viaggiare dal Cern di Ginevra al Laboratorio sotterraneo del Gran Sasso. Il colpevole? Un cavo in fibra ottica. In molti ricorderanno l’annuncio del 23 settembre dell’anno scorso, quando il fisico Antonio Ereditato rivelò al mondo le conclusioni del suo gruppo di scienziati, tra lo scetticismo e la cautela di gran parte della comunità scientifica mondiale. I media si scatenarono con la fantasia, considerato che la scoperta metteva in crisi la teoria della relatività di Albert Einstein, visto che l’effetto finiva per precedere la causa, e la velocità della luce non era più uno scoglio insormontabile.

In realtà era stato lo stesso team di Opera a muoversi nella massima cautela, mettendosi subito al lavoro per verificare le proprie conclusioni, così come altri ricercatori internazionali che avevano già preventivato la necessità di replicare l’esperimento in condizioni diverse.

Antonio Ereditato, in ogni caso, frena la corsa alla smentita, chiarendo che la possibilità di uno sbaglio dovuta alla strumentazione non è a sua volta divenuta una certezza. Ci sono state infatti ben due “anomalie” scoperte, di cui una relativa alla calibrazione dell’orologio atomico coinvolto nell’esperimento, che andrebbe addirittura a favore dello stesso, rendendo i neutrini ancora più veloci. Il secondo fattore, invece è relativo alla trasmissione del segnale dalla fibra ottica alla strumentazione di raccolta dei dati, ed è qui che potrebbe essersi ingenerato l’equivoco. “In condizioni normali la connessione di questo cavo ha due stati: on e off. Lo utilizziamo da anni e in passato ha sempre funzionato correttamente. Ma poi è successo qualcosa per cui la connessione non era né accesa né spenta, ma in una posizione intermedia. Adesso abbiamo il potenziale sospetto che questo effetto possa essere stato attivo mentre prendevamo i dati sui neutrini” ha concluso il fisico.

Il direttore scientifico del Cern, Sergio Bertolucci, a sua volta difende la serietà del gruppo di ricercatori, ricordando che non sarà detta l’ultima parola finchè non ci saranno nuovi esperimenti indipendenti: “I ricercatori non hanno mai smesso di provare a distruggere la loro misura. Per l’ennesima volta si stavano preparando a ripetere i test quando hanno scoperto due effetti potenzialmente rilevanti“.

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Giuseppe Di Spirito