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Riforma del Lavoro: da domani saremo tutti licenziabili. Solo la Cgil si oppone, Pd diviso

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Giancarlo Sali

Alla fine tutti i nodi sono venuti al pettine ed il Presidente Monti, insieme al Ministro del Lavoro Elsa Fornero, ha dichiarato che nessun accordo sulla riforma del lavoro verrà firmato con i sindacati, perchè il loro parere è sempre stato solo di tipo consuntivo, e la proposta andrà comunque in Parlamento, unico organo sovrano abilitato a decidere.

L’auspicato no della Cgil per fortuna è arrivato (la Cisl ha detto si, la Uil pure, seppur con molta fatica), ed ora il Pd non ha più alibi: se voterà si alla piena libertà di licenziare per motivi economici, tecnici ed organizzativi (la riforma riguaderà tutti, non solo i nuovi assunti!), e si alla demolizione degli ammortizzatori sociali (dai 3-4 anni della mobilità si passerà ad 1 solo della nuova Aspi), perderà definitivamente la sua sua connotazione di partito attento alle esigenze popolari. Le prime reazioni interne sono di grande divisione, con Letta, Fioroni e Gentiloni che addirittura plaudono al Governo, Damiano che invece esprime perplessità ed il responsabile lavoro del partito Fassina infine, furioso per una riforma che definisce prettamente di Destra. Bersani è in difficoltà, scontento anche lui per il mancato accordo di tutte le parti: sembra stia prendendo tempo rimandando in Parlamento la discussione nel merito.

Intanto la parte di sinistra fuori dal Parlamento (Vendola e Rifondazione Comunista), Idv, Fiom e Cgil appunto, promettono una battaglia, stavolta ad oltranza, tipica di altre stagioni politiche. Tra operai ed impiegati prevarrà la paura, ora che i datori di lavoro potranno licenziarli liberamente (se passerà la norma in Parlamento!), oppure decideranno di difendere la propria dignità, scendendo in piazza fino al ritiro della proposta più antidemocratica scritta in Italia dal 1945 ad oggi?

 

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Giancarlo Sali