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Monti commissaria governo, anche tecnici hanno fallito

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Giuseppe Timpone

Siamo alla vergogna delle vergogne. I tecnici al governo chiamano altri tecnici “esterni” per fare fare loro il lavoro che da soli non riescono a fare. Retribuendoli profumatamente, s’intende. Già! Ricordate la storia della “spending review”, ossia della revisione di ogni voce di spesa del bilancio dello stato, al fine di reperire le risorse necessarie a sanare i conti pubblici? Ebbene, i tecnici da soli non ce la fanno e hanno chiesto aiuto a tre esperti. Si tratta di Enrico Bondi, liquidatore di Parmalat, all’epoca quando ne fu dichiarato il crac, l’economista Francesco Giavazzi, rinomato rigorista e liberale e l’ex premier Giuliano Amato, ex braccio destro di Craxi, ossia partecipe del governo che fece impennare il debito pubblico italiano.

Dunque, questi tre signori sono stati arruolati dal premier Mario Monti come “superconsulenti”, affinché diano il loro contributo nel trovare la quadra delle spese da tagliare. E ovviamente saranno retribuiti per tale lavoro, facendo crescere ancora una volta il costo dell’apparato già mostruoso che ci governa.

Ma il punto centrale dello scandalo non è tanto questo, per quanto importante. Solo che lo scorso 12 novembre, si chiesero le dimissioni a furor di popolo dell’allora premier Silvio Berlusconi, che per amor di patria fece un passo indietro e lasciò il posto ai tecnici. Si disse allora che questi avrebbero fatto quello che i politici non erano stati in grado di fare in venti anni di Seconda Repubblica. Da allora fu tutta un’agiografia dei tecnici al potere, con la grande stampa nazionale a sottolineare come Monti fosse stato in grado di fare crollare lo spread, di riacquistare la credibilità perduta negli anni dall’Italia, nell’assumere una posizione riformatrice e decisionista, in controtendenza al corso politico degli ultimi decenni.

Ma come tutte le grandi bugie, anche questa ha avuto le gambe corte e non è arrivata lontano. Oggi, punto più o punto meno, lo spread si attesta sui 400 punti base, mostrando chiaramente come non sia il governo italiano a determinarne l’andamento, quanto fattori internazionali non gestibili sul piano interno. Nessuno oggi mostra il grafico dello spread, perché sarebbe imbarazzante evidenziare quella linea crescente della differenza tra i tassi italiani e quelli tedeschi da inizio marzo ad oggi.

Dicevamo, credibilità. Bene, non esiste quotidiano internazionale di prestigio che non sottolinei come il rigorismo cieco di Monti stia deprimendo l’economia italiana, mentre tutti i dati confermano che il rapporto tra debito e pil peggiorerà nel 2012, mentre l’obiettivo del pareggio di bilancio sarebbe centrato solo nel 2017. Insomma, Monti non solo ha fallito su questo piano, ma ha anche peggiorato il quadro della situazione, avendo portato il Paese in recessione e determinando così un peggioramento dei conti pubblici, per i quali la manovra “lacrime e sangue” di dicembre si è risolta in una carneficina inutile.

E il riformismo di Monti? Dopo il decreto “Salva Italia” doveva arrivare la fase due. Si è annunciata con roboanti parole la riforma del mercato del lavoro, che si è arenata negli scranni del Parlamento, annacquata dallo stesso esecutivo, che non se l’è sentita di andare allo scontro con la Cgil sull’articolo 18. Comprensibile, forse, ma per questo bastavano i politici.

Si vocifera che lo stesso sponsor di Monti, il presidente Napolitano sarebbe alquanto indispettito dallo stallo in cui è piombato il governo e la nomina di questi tre tecnici, che dovrebbero sostituire i tecnici al governo, i quali avevano già sostituito i politici, sta diventando una questione imbarazzante e a dir poco ridicola.

La verità è che ci troviamo dinnanzi a un premier che non ha la minima idea di come fare ripartire l’economia italiana, tronfio delle posizioni ultra-rigoriste, che se da un lato sarebbero certamente condivisibili, dall’altro necessiterebbero di un pilastro altrettanto importante, ossia quello relativo alle riforme per il sostegno alla crescita. Invece, qui Monti ha dimostrato tutta la sua pochezza anche culturale. 

Voleva far bere agli italiani che aumentando qualche licenza per i taxi avremmo rivissuto il boom economico degli anni Sessanta, ma lo stesso fatto che non è in grado di capire quali spese tagliare la dice lunga sulle capacità dei tecnici al potere. Le parole rabbiose con cui il premier si è scagliato contro il suo predecessore, quando ha affermato che la cancellazione dell’ICI sulla prima casa sarebbe stato un tragico errore, sono la spia della sua impotenza e della paralisi in cui è piombato l’esecutivo.

A meno che non arrivino grosse novità, Monti e il suo governo resteranno in carica per altri dodici mesi e corriamo il pericolo di trovarci dinnanzi a una politica commissariata per un altro anno da tecnici a loro volta paralizzati. La paralisi che commissaria i paralizzati.

La sensazione è terribile: con la nomina dei super-tecnici, Monti starebbe giocando la carta disperata del tentativo di fare partire la famosa fase due. Non dovesse riuscirci (e non si capisce cosa abbiano di più i super-tecnici dei tecnici!), potrebbero persino giungere le sue dimissioni clamorose. E allora sì che i mercati banchetterebbero sui nostri poveri resti.

 

 

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Giuseppe Timpone