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Grecia, partiti respingono proposta Merkel su referendum euro

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Giuseppe Timpone

Il giorno dopo il giallo sul presunto piano europeo di gestione della fuoriuscita della Grecia dall’Eurozona e annunciato dal commissario al commercio, Karel De Gucht, si apre un altro giallo, che stavolta riguarda la telefonata avvenuta ieri pomeriggio tra il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente greco Carolos Papoulias. Nel corso del colloquio, tra le altre cose, la Merkel avrebbe chiesto rassicurazioni al capo dello stato ellenico, chiedendogli anche la possibilità di indire un referendum sull’euro, per la stessa data delle elezioni politiche del 17 giugno. Un modo, secondo le indiscrezioni, per capire se i greci abbiano voglia o meno di restare nell’Eurozona.

Tuttavia, questa volta, complice il clima elettorale, non c’è stata divisione tra i partiti politici greci nel respingere la proposta dei tedeschi, che da più parti viene giudicata come un diktat.

In controtendenza, rispetto alle dichiarazioni delle ultime settimane, si è schierato contro la proposta presunta del cancelliere tedesco anche il leader di Nuova Democrazia, Antonis Samaras, che alle elezioni del 6 maggio si era imposto come primo partito, con il 19% dei voti, ma senza ottenere una maggioranza sufficiente a formare un governo. Il conservatore ha espresso la convinzione che il referendum non sia necessario, perché già i sacrifici dei greci dimostrerebbero la volontà di rimanere nell’Eurozona. Ancora più netta è stata la presa di posizione del leader della sinistra radicale di Syriza, Alexis Tsipras, accreditato della vittoria, secondo numerosi sondaggi. Tsipras ha definito la proposta della Merkel come la dimostrazione che questo leader tratta i dirigenti politici di un Paese alleato alla stregua di un suo protettorato, rispedendo l’idea al mittente.

Analoga la posizione dei socialisti, che con il loro segretario Evangelos Venizelos, sostengono che solo le istituzioni greche hanno una tale competenza in materia. Insomma, fronte compatto, per ragioni diverse, sulla proposta tedesca di indire un referendum, cosa che, tuttavia, la stessa Berlino smentisce, attraverso un portavoce del cancelliere.

Resta il fatto che la notizia ha già avuto come effetto immediato in Grecia di dare fuoco alle polveri del malcontento anti-tedesco e da un punto di vista politico potrebbe avvantaggiare le posizioni della sinistra radicale, già nettamente avanzata lo scorso 6 maggio, ma che potrebbe fare il botto tra meno di un mese.

E su chi vincerà questo nuovo round elettorale i dati non sarebbero univoci, anche se propenderebbero in favore di Syriza. L’ultimo sondaggio pubblicato da parte di Metron Analysis parla di un primo posto con il 25,1% per il partito di Tsipras, seguito a ruota dai conservatori di Nuova Democrazia, con il 23,8%, mentre terzi si confermerebbero i socialisti, con il 17,4%.

In sostanza, questo scenario consegnerebbe la Grecia a un Parlamento anti-Memorandum, visto che Syriza otterrebbe anche il premio di maggioranza di 50 deputati, che le consentirebbe di conquistare tra 120 e 130 deputati su 300. Nel caso in cui, invece, fosse Nuova Democrazia, magari per un pelo, a conquistare il primo posto, sarebbe possibile la formazione di un governo pro-Memorandum, formato da conservatori e socialisti.

Per questo, il futuro del Paese potrebbe dipendere davvero da una manciata di voti, magari anche solo qualche migliaio. Le ultime rilevazioni, in ogni caso, indicherebbero una maggiore concentrazione del voto in pochi partiti, a discapito delle formazioni minori di estrema destra e di estrema sinistra, che si sarebbero dimostrate inconcludenti, agli occhi degli elettori.

Avanzerebbe il centro-destra, con un’impennata evidente dei conservatori di Nuova Democrazia, per effetto di una sorta di polarizzazione tra pro e anti UE. A farne le spese, ancora una volta, sarebbero i socialisti, che sebbene lontani, forse, dal punto minimo dei sondaggi e delle elezioni del 6 maggio scorso, pare che siano destinati a retrocedere in terza posizione, non più partito di riferimento per la sinistra greca, scavalcata da Syriza.

A destra, in particolare, il voto di protesta, che due settimane fa aveva premiato i neonazisti di Alba Dorata, stavolta potrebbe rientrare nei ranghi delle formazioni più tradizionali, rinvigorendo proprio Samaras.

Intanto, anche l’ex premier italiano e già presidente della Commissione UE, Romano Prodi, sostiene il timore che anche Paesi come l’Italia possano seguire le sorti della Grecia, nel caso in cui questa dovesse uscire dall’Eurozona. “Sarebbe matematico che altri stati seguiranno”, ha affermato.

Anche al G8 in corso a Camp David, negli USA, la Grecia è al centro dei colloqui degli otto grandi della Terra. Il presidente Barack Obama e il neo-presidente francese, François Hollande, hanno affermato che Atene deve restare nell’euro e l’Europa dovrebbe fare di tutto per impedire una sua fuoriuscita. Ma è molto probabile che gli otto capi di stato e di governo stiano anche discutendo una soluzione per traghettare il Paese fuori dall’Eurozona, con il minore impatto possibile sugli altri membri, evitando il contagio.

Ormai la situazione dei conti pubblici sarebbe giudicata senza speranze, con la prospettiva chiara di un default, come ha ben evidenziato anche l’ultimo declassamento di Fitch, che ha portato il rating sovrano ellenico da B- a CCC, un gradino sopra D, che sta per Default.

 

 

 

 

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