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Categorie: Economia

Microcredito femminile: limiti all’accesso per le donne, anche Italiane

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Ludovica Vacri

Credo nella possibilità più dell’innovazione, ma di più nel rinnovamento e nell’impiego di risorse già esistenti. In particolare una  nuova corrente partita dall’India (anche se in particolare dal Bangladesh): parliamo del Microcredito femminile.

Un forma di impresa creata dalle donne, gestita e organizzata da donne, per un uso che raggiunga tutti

M. Yunus che di mestiere fa l’economista, ed è stato anche Premio Nobel per la pace 2006, ha contribuito alla creazione di questa forma di sistema economico per aiutare innanzitutto le fasce più deboli della popolazione, che sono molto spesso  donne. L’idea nasce nel ’74 ed un nuovo vento ha portato una migliore educazione al denaro, dato che si basa su piccoli prestiti economici, ma che soprattutto su un bene ancora più prezioso: la solidarietà.

Amiche, vicine, parenti si sono messi in attività insieme (di solito in gruppi di 5) che si aiutano e si sostengono vicendevolmente.

Un welfare che non nasce da ricchezze preesistenti, ma dal basso

L’Europa stessa ha fatto si che questa nuova forma di impresa prendesse piede, il microcredito è uno strumento innovativo che nel mondo beneficia soprattutto le donne, altrimenti penalizzate dall’esclusione finanziaria. In Italia però le “microimprenditrici” ricevono meno di un terzo dei prestiti totali in questo settore.

Parlando di “esclusione finanziaria” (processo attraverso il quale un individuo affronta barriere o vincoli all’accesso e/o uso di servizi e prodotti finanziari) vediamo che il fenomeno prende una piega più  ampia che coinvolge l’esclusione di genere evidenziando come le donne soffrano con maggiore probabilità rispetto agli uomini di forme di esclusione finanziaria risultando più esposte agli effetti di fattori contrari più che ai benefici.

Il microcredito è stato pensato e  considerato come uno strumento orientato al beneficio delle donne, non ad una loro squalifica. Basti pensare alle capacità rappresentate da esperienze celebrate, come quella della Grameen Bank in Bangladesh, che  fornisce accesso ad un’ampia gamma di servizi finanziari quasi esclusivamente alle donne povere che altrimenti sarebbero escluse dal sistema bancario formale (il 97% dei membri totali, tra il 2006 ed il 2008). Secondo un recente bilancio della Microcredit Summit Campaign, l’83,2% dei 106,6 milioni dei beneficiari serviti dal microcredito su scala globale sono proprio donne.

Torniamo in Italia, ecco che solo il 44% dei prestiti effettuati dalle Istituzioni di microfinanza (MFI) sono donne, una porzione largamente inferiore rispetto ad altri paesi europei. In un quadro così variegato come l’Europa, l’Italia presenta una percentuale dei prestiti totali dedicata alle donne addirittura pari al 28,9% superiore solo all’Ungheria.

Ancora una volta si rileva che nonostante i programmi di microcredito seguano un approccio in termini di genere più incline ad una clientela femminile ecco che una combinazione di fattori relativi da un lato alle condizioni socio-economiche delle stesse ed al conseguente atteggiamento nei confronti del rischio (la posizione sociale all’interno della famiglia e più in generale nella società che sono quasi sempre un retaggio culturale che influenza e ingloba la donna in determinati “ambienti”).

Dall’altro alle caratteristiche del panorama delle MFI in questo momento operative, la realtà dei fatti è siamo di fronte ad un settore ancora giovane che non ha ancora sviluppato una piena comprensione delle esigenze di alcune categorie di beneficiari potenziali più vulnerabili e di conseguenza ancora non in grado di offrire adeguati servizi in particolare alle beneficiarie donne, facendo si che si sia impedito alle MFI italiane di combattere efficacemente l’esclusione finanziaria delle donne nel nostro paese, un faccia della medaglia delle discriminazioni di genere ancora troppo poco discussa.

Di sicuro la situazione economica non gioca a favore, ma se si desse una possibilità si potrebbe raggiungere una maggior ripresa confidando e credendo in ogni singolo componente di un paese, comprese e anzi soprattutto le donne.

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Ludovica Vacri