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Categorie: Economia Tecnologia

La Waterloo della telefonia: Blackberry cade sulle app

Published by
Elena Ametrano

A 10 anni dalla rivoluzione “smartphone”, l’azienda canadese Blackberry cede alla coppia di assi IOS-Android. Blackberry in crisi preannuncia un piano d’attacco “doloroso ma necessario”.
I dati del primo trimestre non lasciano spazio ad interpretazioni: l’azienda ha fatto registrare un rosso di 518 milioni di dollari con un fatturato passato da 4,2 miliardi ad appena 2,8 nel giro di qualche mese.

Blackberry ha tentato un contrattacco dopo la già profilatasi crisi degli anni scorsi e ha dato vita a due nuovi modelli, Q10 e Z10, che avrebbero dovuto far decollare il nuovo sistema operativo Blackberry 10. La società ha pagato lo scotto di un rallentamento avanguardista rispetto alle innovazioni vincenti e incalzanti proposte dalle due realtà leader del momento: Apple con iPhone e Samsung con la famiglia Galaxy.

I due storici amministratori delegati Jim Balsillie e Mike Lazaridis hanno già abbandonato la barca a gennaio 2012, lasciando il posto al poco noto Thorsten Heins che, nonostante i tentativi di rilancio con nuovi telefonini più accattivanti, non sembra riuscire nell’impresa: in rete circolano voci di una possibile vendita, o comunque di una pesante ristrutturazione.
Al vaglio anche l’ipotesi di lasciare Wall Street e dire addio alla quotazione, visto che negli ultimi tempi il titolo è letteralmente precipitato: nel 2013 le azioni della società hanno perso oltre il 19%, con un valore di mercato calato a 4,8 miliardi di dollari dagli 84 toccati nel 2008.
Il piano di ristrutturazione prevede il licenziamento di ben 4500 dipendenti, che costituiscono un terzo della forza lavoro dell’ex colosso canadese, ed è finalizzato a recuperare 1 miliardo di dollari per rilanciare il gruppo.

Il Ceo di Blackberry annuncia un ulteriore ridimensionamento nel settore consumer, privilegiando ulteriormente l’utenza imprese. La produzione di smartphone verrebbe ridotta a solo 4 modelli. Il modello di punta sarà lo Z30, che non approderà nel mercato italiano, mentre lo Z10, flop di vendite, viene relegato ad una fascia medio-bassa. Lo Z10 è il principale imputato per l’ulteriore perdita registratasi nel secondo trimestre del 2013. Dei soli 3,7 milioni di Blackberry venduti, la maggioranza riguarda vecchi modelli e per di più di fascia bassa. Una sconfitta non solo per il modello ma soprattutto per il nuovo sistema operativo Blackberry10.

La qualità dei dispositivi e dell’ultima versione del loro sistema operativo BB10, è indiscussa. Ma ci sono poche applicazioni e il mercato business appare già polarizzato da Apple e Android. Al terzo posto del mercato, quello che Heins puntava a conquistare, c’è ora Windows Phone, una piattaforma ancora giovane e dai numeri sensibilmente inferiori ad Android e iOS. Secondo gli analisti oltre al mancato ingresso di nuovi utenti, molti abbonati decideranno a breve di abbandonare BlackBerry.
Questo è primo trimestre in cui ci aspettiamo una crescita zero di abbonati“, evidenzia Kris Thompson di National Bank Financial – “e all’avvio del prossimo trimestre BlackBerry 10 riuscirà rallentare solo di poco le perdite“.

Allo stato dei fatti ci sarebbe pronta una vera e propria asta per accaparrarsi gli asset tecnici e tecnologici dell’azienda canadese: questione di giorni e potrebbe partire la gara al rialzo, anche se per ora nulla si sa a proposito di chi potrebbe rientrare nella lista dei potenziali acquirenti.
Novembre è il termine fissato, stando alle indiscrezioni pubblicate dal Wall Street Journal, per portare a termine l’operazione. Qualche mese fa si era fatto il nome di Lenovo, circostanza poi smentita dai vertici dell’azienda cinese, e ora è un’altra azienda cinese che si era palesata come possibile acquirente a smarcarsi: Huawei in queste ore ha reso noto che non pensa affatto di effettuare acquisizioni per aumentare il proprio giro d’affari nel mobile.

La Waterloo di Blackberry è consistita nel continuare a credere di poter restare vincente grazie al bacino di utenza delle imprese, sottovalutando la capacità di socializzazione del mondo delle app.

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Elena Ametrano