Aperto il dibattito su cosa sia diventata oggi l’Arte alla luce del preponderante uso della riproduzione tecnologica e delle sue interferenze in tutte le sue forme, dalla pittura alla fotografia.
Ciò che dunque viene messo in discussione è il valore, la qualità, l’autenticità ricercate attraverso delle tecniche specifiche per ogni epoca e cultura e da cui scaturisce il senso e il valore dell’opera d’arte.
Al centro del dibattito che anima la questio, di epoca in epoca, c’è sempre il rapporto arte/teconologia; pensiamo ad esempio all’avvento della fotografia nel’800 o del cinema nel ‘900.
Entrambe le tecnologie sono state al centro di lunghe e animate controversie circa il loro valore artistico.
“Se alla fotografia si permetterà di integrare l’Arte in alcune delle sue funzioni, quest’ultima verrà ben presto soppiantata e rovinata da essa, grazie alla sua naturale alleanza con la moltitudine”, frase nella quale viene sintetizzato il pensiero secondo cui l’opera d’arte avrebbe dovuto essere un oggetto unico e irripetibile, assecondando la predominante visione romantica“.
Solo quasi un secolo dopo questa posizione viene superata definitivamente grazie all’opera di Walter Banjamin : “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”
La tesi dell’opera è che l’ausilio di tecnologie che permettono di riprodurre illimitatamente oggetti artistici crei finalmente le premesse per il superamento della concezione idealistica dell’arte, secondo la quale l’opera d’arte è un oggetto unico e irripetibile che trae il suo valore dall’ Hic et Nunc: “Ciò che vien meno è insomma quanto può essere riassunto con la nozione di “aura”; e si può dire: ciò che vien meno nell’epoca della riproducibilità tecnica è l'”aura” dell’opera d’arte“.
La perdita dell’autenticità dell’opera, la perdita dell’aura indotta dalla tecnologia della riproducibilità, secondo Banjamin è auspicabile in quanto permette la ridefinizione della funzione estetica alla luce delle mutate condizioni storiche e alla nascita della società di massa. Tale desacralizzazione dell’opera non ne mina la qualità ma favorisce una maggiore richiesta di beni culturali, democratizzandoli.
Mutatis Mutandis la questione è quanto mai attuale. Immagini digitali, la cosiddetta Computer Art può davvero essere definita arte? Sì.
L’immagine generata da un computer è il risultato di una sintesi che parte da un progetto astratto, manipolato attraverso operazioni computazionali, diventando rappresentazione, dunque forma, comunicazione.
Questa operazione compiuta dal computer in absentia artistae, eredita alcune istanze dal movimento delle avanguardie degli anni ’60 in cui l’atto estetico è frutto di una progettazione intellettuale cui non segue una manipolazione della materia.
La Computer Art, non si differenzierebbe dall’arte visiva tradizionale in quanto produce delle rappresentazioni dinanzi alle quali lo spettatore-fruitore deve contemplare riempiendo di senso le forme date dall’artista.
Oggi in italia pensare, parlare di Arte è un imperativo al quale non dobbiamo sottrarci.