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Categorie: Cultura News

Il Postino: Sergio Endrigo vince l’Oscar per la colonna sonora

Published by
Erika Barutello

Sergio Endrigo vince l’Oscar per la musica. Un Oscar postumo, arrivato a otto anni dalla scomparsa del cantautore istriano e dopo una battaglia legale durata diciotto anni. Il compositore Luis Bacalov ha riconosciuto a Endrigo la co-paternità della colonna sonora del film Il postino per la quale nel 1996 gli era stata assegnata la statuetta dorata.

Il postino, diretto da Michael Radford nel 1994, riscosse un clamoroso successo mondiale e viene ricordato anche per essere l’ultima interpretazione di Massimo Troisi, che morì appena 12 ore dopo l’ultima ripresa. Le musiche del film furono premiate anche con il Nastro d’Argento, riconoscimento del Sindacato dei giornalisti cinematografici italiani, e un BAFTA, il premio dei critici cinematografici inglesi. Tutti gli onori andarono unicamente a Bacalov. Pianista e compositore nato a Buenos Aires e giunto in Italia nel 1959, divenne, assieme a Ennio Morricone uno dei musicisti più ambiti dai registi per i loro film. Sue le musiche di alcuni film girati da Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Ettore Scola, Fernando di Leo e Damiano Damiani.

Fu l’arrangiatore di alcuni successi dei grandi nomi della musica italiana come Milva e Claudio Villa e, una volta divenuto musicista per la casa discografica RCA, anche per Gianni Morandi, Rita Pavone, Gino Paoli e soprattutto Sergio Endrigo. Gli undici anni di sodalizio artistico che li legò, diedero vita alle indimenticabili Io che amo solo te, Lontano dagli occhi, L’arca di Noè e Canzone per te, con cui vinse il Festival di Sanremo nel 1968. Nel 1974 ebbero la brillante idea di mettere in musica alcune poesie per bambini scritte da Gianni Rodari per l’album Ci vuole un fiore, la cui canzone omonima, divenuta sin da subito un successo discografico a 45 giri, è tuttora molto amata. Poi Il postino li divide. Endrigo vi riconosce i tratti armonico-melodici di un suo brano inciso nel 1974, Nelle mie notti, composto con il cognato Riccardo Del Turco e un amico paroliere e musicista dilettante, Paolo Margheri.

Incomprensioni e malumori si erano già fatti sentire anni prima, all’inizio della loro collaborazione, quando Endrigo dichiarò: “Iniziò in quel periodo la mia collaborazione col maestro Luis Enrique Bacalov; lo chiamai parecchie volte ad aiutarmi a definire alcune canzoni, ma le idee iniziali sono sempre state mie. Infatti, in dodici anni di collaborazione, il maestro Bacalov mi ha proposto solo la poesia La rosa bianca, affinché la musicassi e ne curassi la traduzione, e La colomba, che lui ridusse a canzone, attingendo alla romanza del poeta Rafael Alberti su musica di Guastavino”.

La causa di plagio incrinò definitivamente il loro rapporto. La prima sentenza diede ragione a Bacalov, grazie alle perizie di Luciano Berio ed Ennio Morricone, che parlò di “tematiche della musica popolare ormai esaurite”, contro quella, di Guido Zaccagnini, favorevole al cantante di Pola. L’Appello ribaltò tutto sostenendo il reato di plagio. Era il 2003 quando iniziò il ricorso in cassazione, Endrigo morirà nel 2005 lasciando la figlia Claudia a combattere accanto a Del Turco e a Margheri nella battaglia diretta a stabilire la reale paternità di quelle celebratissime musiche. Battaglia interrotta solamente oggi dalla decisione del musicista argentino di ridepositare presso le Società degli autori i bollettini con l’aggiunta dei nomi di Sergio Endrigo, Riccardo Del Turco e Paolo Margheri. Il cantante triste, come fu soprannominato dopo l’imitazione di Alighiero Noschese che enfatizzò i tratti di un cantautore malinconico, ai limiti della disperazione, ha sofferto molto per il trattamento a lui riservato nell’ambiente della musica leggera . “Io non c l’ho con i colleghi, ma l’aver fatto, dall’80 al ’95, cinque dischi che sono stati letteralmente buttati dalla discografia, non promossi, non distribuiti, ignorati, mi ha lasciato una profonda amarezza”, si lamentò prima di morire. Chissà se almeno questa notizia un sorriso glielo avrebbe strappato.

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Erika Barutello