Quando, dopo i gravissimi fatti avvenuti durante il G8 nel 2001 a Genova nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto, fu denunciato da varie organizzazioni e cittadini quello che avevano subito molti manifestanti, gli avvenimenti di quelle ore e quei giorni furono riconosciuti come “la più grave sospensione dei diritti umani dopo la seconda guerra mondiale” da Amnesty International.
Ieri, dopo ventinove anni dalla firma di quella Convenzione, la commissione Giustizia del Senato, ha approvato un disegno di legge proposto dal senatore PD Buemi, trovando un compromesso tra che chiedeva di recepire in toto la Convenzione Onu e chi, invece, chiedeva maggiori “garanzie” per le forze dell’ordine.
La commissione Bilancio ha dato l’ok al testo chiedendo tuttavia la soppressione del fondo a sostegno delle vittime e che non ci siano nuove spese per lo Stato.
Come tutte le leggi, anche questa è frutto di un compresso che lascia insoddisfatti molti, a cominciare appunto da Amnesty e l’associazione Antigone con Patrizio Gonnella che giudica i provvedimenti come insufficienti, o i senatori di Sel che non hanno votato il provvedimento, al contrario di Pdl, parte del PD, Scelta Civica e perfino il M5S.
Eppure in Italia il reato di tortura dovrebbe essere quasi obbligatorio, poiché, come riportato nell’articolo tredici della Costituzione italiana: “È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.”
Infatti, sebbene sia indubbiamente giusto che “chi sbaglia paga”, la pena deve mirare al recupero della persona che commette un illecito. Ed è invece intollerabile che proprio lo Stato sottoponga cittadini a trattamenti inumani e degradanti privando gli stessi della dignità che hanno tutte le persone. Che quindi non possono essere mai considerate come oggetti su cui magari sfogare le proprio insoddisfazioni o istinti più bassi.