Secondo la tabella sulle forze lavoro potenziali elaborata dall’istituto nazionale di statistica e diffusa nei giorni scorsi, in Italia sono 2.899.000 le persone tra i 15 e i 74 anni che sarebbero state disponibili a lavorare, pur non cercando attivamente lavoro, con una percentuale corrispondente circa al triplo della media europea nel secondo trimestre del 2013.
A questi vanno aggiunti i quasi 99.000 che non erano disponibili immediatamente a lavorare, pur essendo alla ricerca di impiego. E i più di tre milioni di disoccupati completano il quadro scoraggiante della situazione occupazionale italiana.
Per avere un’idea più precisa delle proporzioni di questi dati sembra utile un raffronto: secondo Demo Istat la popolazione italiana nel 2013 è formata da poco più di sessanta milioni di individui. Se sei milioni di questi sono disoccupati, significa che circa un decimo della popolazione totale è attualmente senza lavoro, e questo senza escludere bambini e pensionati dalla cifra totale.
Specialmente i giovani disoccupati sono stati accusati negli ultimi anni, a più riprese, di essere “choosy“, “bamboccioni” o “poco occupabili“, ma i dati dell’Istat lasciano poco spazio alle critiche. Moltissimi sono coloro che cercano un lavoro e chi non si attiva è semplicemente scoraggiato e non crede di poter trovare un impiego.
Numeri alla mano, la situazione è più grave per il Mezzogiorno: su circa tre milioni di disoccupati calcolati nel secondo trimestre, il meridione ne conta quasi la metà.
La risposta dei più giovani a questa prospettiva è forse rintracciabile nella scelta del percorso scolastico: la crisi avrebbe fatto crescere l’attrattiva del settore della ristorazione e del turismo, aree in cui sembrano più alte le possibilità di trovare lavoro. Secondo i dati diffusi da Coldiretti, infatti, le iscrizioni agli istituti alberghieri, di turismo e agraria nel 2013 hanno ampiamente superato quelle delle scuole professionali industriali.
Anche nell’istruzione si cerca di puntare su quei settori che sembrano risentire meno della crisi e forse il governo, nel presentare nuove misure per il lavoro, dovrebbe tenere presenti anche queste istanze che arrivano dal basso.