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“Il Kosovo è la Turchia”, dichiarazione del premier turco mette in crisi i rapporti europei

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Andrea Intonti

Letteralmente incendiati i rapporti tra Belgrado, Pristina e Ankara dopo le recenti dichiarazioni del premier turco Recep Erdoğan, in questi giorni in Kosovo per l’inaugurazione del nuovo terminal dell’aeroporto internazionale “Adem Jashari”, concesso dal governo kosovaro in gestione ventennale al consorzio turco-francese Limak Aeroport de Lyon.

Cari fratelli e sorelle, noi condividiamo una storia e una civilizzazione comune. Non dimenticatelo, la Turchia è il Kosovo e il Kosovo è la Turchia. Noi siamo così vicini che Mehmet Akif Ersoy, il poeta autore dell’inno nazionale turco, era originario di Pec, in Kosovo“, ha dichiarato il premier turco davanti alla folla accorsa ad ascoltarlo a Prizren, nel sud del Paese, dove si è recato insieme ai primi ministri di Kosovo e Albania, Hashim Thaçi ed Edi Rama.

Immediata la richiesta di scuse da parte del governo serbo. Il vicepremier Aleksandar Vučić ha evidenziato come le dichiarazioni possano nuocere ai non semplici sforzi per normalizzare i rapporti tra Belgrado e Pristina, sottolineando come il Kosovo non sia più turco sin dalle guerre balcaniche del secolo scorso, dopo aver subito la dominazione ottomana per quasi cinquecento anni.

Un rapporto, quello tra Ankara e Pristina, in qualche modo riconsolidatosi dal 17 febbraio 2008, quando la Turchia fu tra i primi paesi a riconoscere l’indipendenza kosovara. Un riconoscimento basato su “valori e fede comuni”, oltre che su “legami storici e culturali profondi

Vučić ha così chiesto l’intervento dell’Unione Europea, convinto che Bruxelles prenderà le adeguate misure contro Ankara, “così come fa nei casi in cui un processo di pace viene disturbato“.

L’Ue, attraverso il capitolo 22 sulla politica regionale, proprio in questi giorni ha nuovamente aperto i negoziati di adesione della Turchia, che verranno ufficializzati nella conferenza intergovernativa del 5 novembre. I rapporti si sono riaperti anche in risposta alla “sterzata ad est” di Erdoğan, che ad aprile ha formalizzato l’entrata turca nell’Organizzazione di Shangai, il più importante organismo intergovernativo del continente asiatico.

Nuovo capitolo che si apre anche sul fronte Eulex, la missione dell’Unione Europea in Kosovo in cui Bruxelles ha speso circa 700 milioni di euro dal 2008 a oggi, stando alla Corte dei conti europea. L’arrivo del diplomatico tedesco Bernd Borchardt a capo della missione ha portato all’estromissione dei francesi, accusati di aver stretto relazioni con il gruppo di potere di Thaçi e ha reso più restrittiva l’azione dei magistrati.

Tra le più importanti operazioni registrate in questi mesi l’arresto per abuso d’ufficio dell’ex direttore dell’agenzia governativa anti-corruzione, Nazmi Mustafi, e quello di Fatmir Limaj, braccio destro del premier kosovaro, accusato di aver manipolato gare d’appalto e ricevuto mazzette da ministro dei Trasporti e delle Telecomunicazioni. A maggio era stato arrestato Nasser Keljmendi, tra i più importanti narcotrafficanti dell’Europa sudorientale. Due mesi dopo, infine, sono arrivate le cinque condanne per traffico di organi nell’ambito del processo sulla clinica Medicus di Pristina, utilizzata per espianti di organi illegali fin dai tempi della guerra.

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Andrea Intonti