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Categorie: Ambiente News

L’apocalisse è vicina: tutta colpa dell’inquinamento

Published by
Michele Soliani

Siccità e violente alluvioni. Poi povertà e carenza d’acqua. È questo l’ennesimo rapporto sul clima, trapelato nelle ultime ore da una bozza di un rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc); l’agenzia, premio nobel della pace nel 2007 con Al Gore, si occupa di studiare le tematiche ambientali. Nel testo si afferma che il futuro della terra sarà drammatico per via di continui conflitti e nuove epidemie; il tutto sarà accompagnato da fame, povertà, alluvioni, ondate di caldo, siccità, malattie e guerre per le risorse.

«Nel 21esimo secolo – si legge – l’impatto del riscaldamento globale rallenterà la crescita economica e la riduzione della povertà, eroderà la sicurezza alimentare e darà vita a nuove trappole della povertà. Il cambiamento climatico esacerberà la povertà nei paesi a basso e medio reddito, creando sacche di disuguaglianza nei Paesi più ricchi».
Sono stati comunque individuati sei «grandi rischi» che possono essere risolti. Tra questi primeggiano i problemi inerenti alla mancanza o all’eccesso di acqua, quindi alluvioni e siccità, e l’aumento della temperatura che non porterebbe altro che a danni per l’ecosistema.
Il rapporto tratta anche regioni specifiche. Il nostro continente potrebbe essere vittima, come già sta succedendo soprattutto in questi ultimi anni nel nostro Paese, di danni provenienti da alluvioni e siccità, e dal caldo. Situazione drammatica in Africa, dove potrebbe aumentare il numero di morti di fame e gravi epidemie.

L’unica nota positiva riguarda i piccoli tentativi compiuti dall’umanità per fermare l’apocalisse planetaria dal punto di vista energetico. L’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) nello scorso giugno si era complimentata, con il consueto rapporto dal titolo «World energy outlook», dei risultati raggiunti nel vecchio continente affermando che: «In Europa, nonostante il maggior consumo di carbone, le emissioni sono diminuite di 50 mt come conseguenza della recessione economica, della crescita delle rinnovabili e dei limiti al livello di emissioni imposti ai settori industriale ed elettrico».

Se in Europa si sta attenti all’ambiente, quindi riducendo le emissioni, non è così per gli altri continenti e stati. Il maggiore apporto di anidride carbonica, detta CO2 e principale causa dell’aumento delle temperature, è da attribuirsi alla Cina che però segna un punto a suo favore, essendo la crescita di questa inferiore ai dati precedentemente registrati. Le cifre, assieme a quelle inerenti alla produzione di CO2 negli Stati Uniti, sono però troppo alte per fermare l’aumento inevitabile della temperatura globale.
La concentrazione di Co2 nell’atmosfera è – secondo i dati del Noaa statunitense – al livello record di 400 parti per milione (all’inizio della rivoluzione industriale erano a quota 280). Concentrazione pari a quella presente oltre 3 milioni di anni fa, quando non esisteva l’homo sapiens.

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Michele Soliani