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Greenpeace: vandali, pirati o semplicemente pacifisti?

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Antonio Savarese

Cristian è detenuto in Russia da più di cinquanta giorni. Lui è italiano, come la Ligresti, ma forse suo padre non ha il numero della Cancellieri o della Bonino. Il suo reato come quello degli altri ventinove compagni detenuti con lui è aver protestato per un ambiente migliore, un ambiente migliore per tutti noi.

Questa storia inizia il 18 settembre. Con un’azione dimostrativa e pacifica alla piattaforma di estrazione petrolifera Prirazlomnaya, nella Russia Artica. Un’azione in perfetto stile Greenpeace per salvare l’Artico dalle trivelle della Gazprom.

Dopo giornate di attesa logorante, è formalizzata l’ipotesi di reato: per i ventotto attivisti e due video operatori si parla di pirateria, un reato che in Russia prevede fino a quindici anni di detenzione. L’unica colpa di questi ragazzi è di aver dato ascolto alla voce della propria coscienza, di aver agito per qualcosa in cui credono, nella speranza di poter contribuire a cambiare il mondo. In meglio. Non sono pirati. Sono i nostri eroi. E sono tutti, orgogliosamente, colpevoli di pacifismo (estratto dal sito di Greenpeace).

Oggi c’è stato un aggiornamento, riporto dall’ANSA “Sono arrivati a San Pietroburgo in treno da Murmansk questa mattina i 30 attivisti della Arctic Sunrise – tra cui l’italiano Cristian D’Alessandro – detenuti in Russia con l’accusa di teppismo da fine settembre dopo l’assalto alla piattaforma petrolifera di Gazprom nell’Artico. L’ha fatto sapere Greenpeace Russia via Twitter. Una folla di reporter li ha accolto alla stazione Ladozhky, ma gli attivisti sono stati subito trasferiti verso la nuova prigione di destinazione, ancora ignota.”

Ne ho parlato con Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.

Ricostruiamo brevemente la storia.

La nostra campagna contesta che ci siano progetti di trivellazione nell’Artico, è una campagna già attiva da molto tempo, abbiamo in passato protestato contro la Shell in Groenlandia, questa in particolare è un’attività di protesta rivolta, com’era stato fatto esattamente un anno prima, contro la piattaforma Prirazlomnaya di Gazprom che sarà a questo punto la prima a entrare in azione funzione in un’area dove per due terzi dell’anno il mare è ghiacciato. Il petrolio dell’Artico fa gola a molti, ma non risolve i problemi energetici: si tratta di una quantità marginale a livello globale.
Era una manifestazione pacifica e nonviolenta di Greenpeace. Due persone, senza mettere in pericolo nessuno, si sono arrampicate su un lato della piattaforma per aprire uno striscione.

Che cosa è successo dopo?

Non era la prima volta, ma questa volta la Guardia Costiera russa ha reagito in modo spropositato e violento: L’anno scorso, abbiamo anche le registrazioni, fu chiesto dalla piattaforma alla guarda costiera russa di intervenire e la guarda costiera disse che non c’erano gli estremi per farlo, invece questa volta sono arrivati prima dei gommoni della guarda costiera con a bordo militari armati e con dei passamontagna che hanno minacciato gli attivisti ed esploso anche alcuni colpi di arma da fuoco. In quell’occasione hanno arrestato i due attivisti che si erano arrampicati sulla piattaforma, il giorno dopo con un elicottero ha abbordato la nostra nave arrestando il resto dell’equipaggio, in totale trenta persone di cui ventotto attivisti più due giornalisti che documentavano quello che stavano succedendo.

È stata usata la forza in acque internazionali, qual è stato il ruolo degli Stati?

È successo in acque internazionali e bisogna chiarirlo. Gi stati si sono mossi, l’Olanda che è il Paese cui batte bandiera la nave di Greenpeace ha presentato un esposto al tribunale internazionale del diritto del mare contestando il comportamento delle autorità russe e, di fatto, chiedendo delle misure provvisorie, quelle che sono equivalenti alla nostra sospensiva, chiedendo il rilascio della nave e delle persone coinvolte, quindi c’è già in corso un’iniziativa ufficiale nell’ambito del diritto internazionale.

Lei come si spiega questa recrudescenza della risposta del Governo russo?

Evidentemente il potere delle compagnie petrolifere è tale che arriva a sollecitare risposte esagerate e soprattutto illegali agli stati. Noi confidiamo nel prevalere della ragione e del diritto internazionale, affinché tutti i nostri amici siano liberati al più presto.

Tra gli attivisti c’è un italiano Cristian D’Alessandro di Napoli, il nostro Paese si sta muovendo? Quali iniziative ha intrapreso?

Ovviamente è una questione delicata dove non è detto che tutta sia fatto alla luce del sole. C’è stata fin dall’inizio un’ottima assistenza consolare, consideriamo che queste persone sono state portate a Murmansk località abbastanza periferica dove sono rimasti fino a ieri, adesso sono in viaggio verso San Pietroburgo. Una rappresentante del consolato italiano è stata presente fin dall’inizio ed ha seguito da vicino tutta l’evoluzione della vicenda, quindi questo tipo di assistenza c’è stata.
Noi quello che chiediamo al nostro Paese è un sostegno più politico che affermi con forza il diritto alla protesta pacifica e non violenta e dall’altra che condanni certe azioni che contravvengono alla libertà di ognuno di noi.

Come stanno i ragazzi?

Il regime detentivo è molto duro, loro erano visitati un giorno si e uno no da un avvocato che sta seguendo il loro caso, negli ultimi giorni le condizioni generali di tutti erano abbastanza migliorate, nel senso che essendoci anche un po’ di familiarità in più con il sistema complicato della giustizia russa siamo riusciti a fare avere abbastanza costantemente generi di conforto a tutte le persone e tutti ci hanno riferito tramite i loro avvocati di un generale miglioramento delle loro condizioni pur se sempre rinchiusi in una galera russa. Ora che saranno a San Pietroburgo sicuramente sarà più agevole per noi, per i familiari e per il nostro consolato offrire assistenza, anche se non sappiamo ancora, a quale regime detentivo saranno sottoposti.

Come sono messi insieme gli equipaggi? Cristian era un attivista esperto?

Sì. Gli equipaggi di Greenpeace innanzitutto hanno una composizione molto differente, ci devono essere persone con skill molto particolari come ad esempio saper guidare una rompighiaccio come la nostra. Sono tutte persone di cui noi ci fidiamo e lo stanno dimostrando con il comportamento esemplare che stanno tenendo adesso anche nei vari processi che hanno subito. Nello specifico Cristian è stato a lungo il responsabile del nostro gruppo di volontari di Napoli dove ha sviluppato delle capacità nautiche in particolare nella guida dei gommoni e grazie a ciò aveva già avuto altri imbarchi sulle nostre navi (questo credo fosse il terzo od il quarto per lui).

Avete in corso qualche altra iniziativa in Italia e non solo a supporto dei vostri volontari?

Quello che stiamo facendo è di tenere alta l’attenzione sulla vicenda, di cercare sostegno quanto più largo possibile cercando di chiarire bene che noi non abbiamo assolutamente niente contro né la Russia né contro il popolo russo, ma abbiamo un problema di emergenza ambientale molto grave che vogliamo mettere in evidenza. I ghiacci dell’Artico stanno scomparendo per via del cambiamento climatico che è quella stessa cosa che è alla radice di fenomeni meteorologici sempre più estremi (vedi dramma recente delle Filippine). È un problema che non riguarda solo l’ambiente artico e la flora e la fauna locale ma piuttosto un problema che riguarda tutti, compresi i cittadini e i militari russi che hanno sparato ai nostri attivisti.
Rischiamo un disastro ambientale senza precedenti: le tecnologie esistenti per intervenire in un incidente petrolifero non funzionano a temperature così basse come quelle artiche. Sarebbe un disastro totale: in caso d’incidente sarebbero coinvolte fino a tre mila miglia di coste. E a pagare non sarebbe certo Gazprom, ma i cittadini e l’ambiente.

Gli italiani come possono aiutare Cristian e Greenpeace in questo momento?

Un’iniziativa più vasta che abbiamo lanciato è stata quella di raccogliere firme per una petizione tradotta in più lingue che è stata inviata alle ambasciate russe La petizione si trova al seguente link: http://www.greenpeace.org/italy/it/libera-i-nostri-attivisti/
La settimana scorsa abbiamo inviato due milioni di petizioni già questo dato è importante per far capire al governo russo che l’accusa di pacifismo non meriti la galera e di essere repressa con le armi da fuoco.

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Antonio Savarese