Sfortunatamente il diffuso impiego di energie rinnovabili non ha purtroppo abbassato il prezzo dell’energia elettrica, ma migliorato le condizioni dell’ambiente sì.
Chiariamo: farà bene all’ambiente, ma non molto al portafogli!
Queste non rinnovate differenze stanno nella struttura dei mercati europei, per esempio l’Italia per anni ha elargito incentivi per fonti rinnovabili: nei periodi di luce e buio, a seconda del periodo, la rendita post-leverage su un investimento fotovoltaico poteva superare il 30%, ed i produttori previdenti avevano degli ottimi profitti ed incentivi corrisposti in base alle quantità prodotte.
Il costo di queste compensazioni garantite non è di poco conto: parliamo di ben 200 miliardi di euro tra il 2013 e il 2032.
Una concreta valutazione inizia a sorgere quando si comprende che tutta la tecnologia applicata è di importazione, male purtroppo necessario, però poi il problema è quando lo sviluppo rinnovabile colpisce il cuore del sistema elettrico, che potrebbe portare ad un prezzo negativo e quindi ad una situazione peggiore della precedente.
Al momento molte delle centrali termoelettriche sono in crisi a differenza di quelle con combustione a gas, costruite negli ultimi due decenni, che sono state progettate per la sostenibilità economica producendo 5-6.000 ore di funzionamento l’anno e che però attualmente girano a 3.000. Queste ultime infatti vengono “spente” quando c’è disponibilità rinnovabile.
Questa sovracapacità però verrà intaccata quando la disponibilità sarà nettamente minore e il bisogno di energia maggiore (ad esempio in periodi con poco sole), in questo modo sarà il prezzo del mercato ad aumentare nei periodi di fabbisogno, facendo diventare le bollette dei veri e propri salassi per i consumatori.
Le energie verdi sicuramente non hanno solo costi di gestione e di incentivi, ma anche dell’aumento del caro bolletta, su Twitter Carlo Stagnaro, direttore studi e ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, ha affermato che – “il base load è stato ucciso dai sussidi a fonti intermittenti“. Il base-load rapprensenta la componente di produzione elettrica da fonti tradizionali.
Guido Bortoni invece, presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, sostiene l’idea del capacity payment, ossia una tariffa da pagare per mantenere in vita le centrali a gas e impiegarle solo nel caso di aumento del fabbisogno.
I meno green preferirebbero addossare questi rischi produttori su compensazioni dei maggiori fornitori di produzione elettrica, se però non iniziamo a controllare al meglio queste fonti gli unici che dovranno farci i conti saranno come al solito i cittadini.