E’ tutto pronto per Il Grande Match. Dopo gli esordi statunitensi di Natale, sbarcherà il 9 gennaio nelle sale cinematografiche italiane il duello finale fra Billy “The Kid” McDonnen ed Henry “Razor” Sharp, pugili in pensione attesi da un’inaspettata resa dei conti. A interpretarli nientemeno che Robert De Niro e Sylvester Stallone, due che alla box hanno dato tanto. Al cinema, si intende. Erano i tempi di Rocky Balboa e Jake LaMotta, il Toro scatenato.
Due modi diversi di intendere lo sport che, nella nuova produzione della Warner Bros diretta da Peter Segal (finita di girare a Marzo, a New Orleans), confluiranno in un’unica pellicola avvincente e senza esclusioni di colpi, in cui non mancheranno ironia, citazioni e pensieri forti sulla vita.
Sì, perché nella seconda possibilità concessa nella trama ai due atleti e nella riflessione degli stessi – ormai appesantiti e goffi – sul tempo che passa, c’è tanto, tutto, della ricerca appassionata interna al film. “Invecchiando cambiano le priorità , occorre prendere le cose con più leggerezza. Buttiamoci”, ha spiegato nella recente conferenza di lancio a Roma il settantenne De Niro. “Il tema dell’età può essere frustrante. I nostri sono personaggi in cerca di redenzione. Molti spettatori hanno la nostra età , ma non sono disposti a stare a casa”, le parole di Stallone, due anni più giovane (nella realtà ) del rivale. L’occasione, l’intuizione, per non rimanere a casa, sarà così offerta nel film da un manager sognatore e lungimirante, in grado di regalare ai due, trent’anni dopo il ritiro, l’ultimo duello.
Come finirà ? Non è dato saperlo. Quel che è certo è che sia De Niro che Stallone stanno già lavorando a progetti indipendenti per il prossimo futuro, ancora nel campo della box: “Hands of Stone” per il primo, “Creed”, un film particolarmente drammatico, per il secondo.