Condannato alla pena di morte per “atti ostili contro Dio” e per aver contribuito a “diffondere la corruzione sulla terra”. Queste le accuse per il poeta e attivista iraniano Hashem Shaahani da parte del Tribunale Rivoluzionario Islamico che ha deciso per la pena capitale.
Le imputazioni a carico di Shaahani arrivarono dopo l’arresto, nel febbraio 2011. Durante il periodo di detenzione il poeta fu torturato e costretto a dichiarare, in un’intervista all’emittente satellitare iraniana Press TV, di aver preso parte ad atti di “terrorismo separatista”, nonché di aver chiesto finanziamenti agli ex leader d’Egitto e Libia, Mubarak e Gheddafi.
Secondo Amnesty International le esecuzioni in Iran sono state quasi un centinaio, considerando appena i primi 40 giorni del 2014. Un ritmo impressionante che, se dovesse proseguire, farebbe superare di molto, alla fine dell’anno, il tragico record di almeno 625 condanne a morte eseguite nel 2013. E in passato Teheran ha ripetutamente ribadito di considerare la pena di morte essenziale per il mantenimento dell’ordine e il rispetto della legge. Anche adesso, con la salita al potere del presidente “moderato” Hasan Rouhani, avvenuta nell’agosto dello scorso anno.
Questo nonostante le esortazioni alle autorità iraniane a sospendere con urgenza le esecuzioni nel Paese, da parte del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura e altri trattamenti umani, Juan E. Méndez e i relatori speciali delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Iran, Ahmed Shaheed e Christof Heyns. Anche l’appello di Christof Heyns, Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziarie, sommarie e arbitrarie, ha dichiarato in un comunicato stampa diffuso dall’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR): “Siamo costernati per la continua applicazione della pena di morte con allarmante frequenza da parte delle autorità. Questo avviene nonostante i ripetuti appelli all’Iran affinché stabilisca una moratoria delle esecuzioni“.
Secondo la Dichiarazione universale dei diritti umani “Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, inumane o degradanti” e il valore deterrente della pena capitale non è mai stato dimostrato da nessuno studio. Anzi, è dimostato che gli omicidi sono più numerosi negli Stati che applicano la pena di morte e che il tasso di violenza aumenta rapidamente dopo le esecuzioni. Nega poi qualsiasi possibilità di riabilitazione e recupero di chi commette reati, senza considearer la possibilità di condannare e uccidere un innocente.