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Categorie: News Sport

Sochi 2014: le pagelle degli azzurri ai Giochi di legno

Published by
Giorgio Bruni

I pendii del falegname, quello dello sci e quello dello snowboard, sui quali si consuma il conclusivo e doloroso atto dell’Italia fondata sulle medaglie di legno: anche la natura pare irridere i nostri colori nel commiato dai Giochi del Caucaso: vicini alla gloria, ma non a sufficienza per catturarla. Siamo campioni o boscaioli? Boscaioli. Otto medaglie di legno: nella valigia l’Italia che torna da Sochi butta anche questa resa. Otto simboli della delusione. Consegne passate da Sochi a Pyenongchang nella cerimonia di chiusura delle Olimpiadi invernali Sochi 2014. Il sindaco della città russa Pakhomov, ha passato la bandiera olimpica al presidente del Cio, Bach che, a sua volta, l’ha ceduta a Lee Seok-Rae, primo cittadino della città sudcoreana che ospiterà i Giochi nel 2018.
Spento dall’orso polare, una delle mascotte della rassegna olimpica russa, il braciere olimpico: è calato il sipario su Sochi 2014 e sulla spedizione azzurra che ha raccolto due argenti, sei bronzi e otto “medaglie di legno”. Ci sono tre medaglie in più rispetto al 2010, ma a differenza di Vancouver (dove Giuliano Razzoli vinse lo slalom in extremis) è mancato l’oro.

Il medagliere ci castiga: dodicesimo posto ex aequo nel computo totale, ma ventiduesimo per qualità (sono solo 26 le nazioni andate a medaglia). Certo, ci sono anche dei risultati migliori rispetto alla missione in Canada, però abbiamo dato l’idea di una nazione con troppi “buchi” e con crolli in discipline che hanno sempre rappresentato un punto di forza: il fondo, che ha raccolto zero podi, è l’esempio emblematico; era dal 1988 che la disciplina principe tra quelle nordiche non regalava un flop simile agli azzurri. Purtroppo, oltre a problemi legati al ricambio generazionale e alla crisi economica, sta venendo a galla l’occasione mancata dopo Torino 2006: tutti, dallo Stato, al Coni, agli Enti locali, hanno rovinato un’eredità che nei Paesi normali sarebbe stata galoppata e sfruttata.

Christof Innerhofer 8: assieme ad Arianna Fontana è stato l’architrave dei nostri Giochi. Argento in discesa, prova nobile del programma, splendido bronzo nella supercombinata. Si è mangiato di sicuro una medaglia nel superG (è scivolato dopo 11 secondi) e probabilmente il podio sarebbe stato quello più importante. Purtroppo abbiamo una fragilità complessiva, come squadra, che fa sì che le occasioni mancate diventino spesso irrecuperabili. Peccato, però l’Innerhofer ritrovato è una bella notizia.

Nadia Fanchini – Daniela Merighetti 7: sono le due medaglie di legno di un’Italia in rosa dello sci che avrebbe meritato una soddisfazione da podio. Non ci va di recriminare sui quarti posti, che sono sì figli della sfortuna, ma anche di un qualcosa che manca. Però ci piace sottolineare la compostezza e la dignità delle due ragazze di fronte a un verdetto tanto crudele: il voto è soprattutto alla loro encomiabile sportività.

Giuliano Razzoli s.v.: da campione olimpico a Vancouver, a “Mister Patapunfete” a Sochi. La caduta nella seconda manche è solo la fotografia di un quadriennio non vissuto da campione olimpico. Le attenuanti degli acciacchi fisici reggono solo fino a un certo punto. Chi ha scritto il suo nome dopo quello di Alberto Tomba, avrebbe dovuto avere un approccio ben diverso dopo l’impresa in Canada. Razzoli ha promesso di riscattarsi: vediamo se sarà di parola.

Carolina Kostner 10: bella come una ballerina del Bolshoi, ma made in Italy. Carolina si è battuta in punta di lama contro Asia, America e Russia, riportando a casa, in Val Gardena, una medaglia di bronzo dal peso specifico spaventoso. Da dieci, con lode, se avesse ammesso la love story con il collega Tomas Verner, sulla quale ha preferito glissare, chissà perché. Dopo gli anni tribolati con Alex Schwazer, tutt’ora indagato per doping (che in Italia è un reato), merita tutta la felicità di questo mondo.

Arianna Fontana 9,5: l’azzurra annuncia il matrimonio con Anthony Lobello (31 maggio, rito civile sul Lago di Como, felicitazioni) e nel curriculum vitae inserisce le tre medaglie di Sochi: un argento e due bronzi, staffetta inclusa. Il mezzo voto che manca si è schiantato insieme a lei contro il materassone della pista di short track all’ultima curva del quarto di finale dei 1000 metri, la gara che avrebbe dovuto consegnarle lo storico poker. Peccato uscire così, gambe all’aria. E un delitto permetterle di indulgere nei malsani propositi di ritiro. L’operazione “portare Arianna a Pyeongchang 2018” deve scattare subito. Coni avvisato, mezzo salvato.

QUARTO POSTO 8: Il numero di medaglie di legno dell’Italia a Sochi 2014 è proprio 8: quasi un record, sicuramente un dato significativo. Troppe volte gli azzurri sono stati a un passo dal podio, troppe volte è sfuggito per un soffio, un errore o la sola sfortuna. Otto quarti posti certificano una fragilità “made in Italy” nel momento della verità. Le medaglie di legno non sono casuali o figlie del destino avverso. Semmai, sono la foto di quello che manca per l’eccellenza.
CONI 6 – Otto podi e nessun oro, non un bilancio all’altezza dell’Italia olimpica per questa edizione di Sochi 2014. Possiamo e dobbiamo farci sentire: l’azione del governo – sportivo e politico – sui movimenti e sugli atleti non può limitarsi a qualche fondo di nicchia e a spese per il calcio, ma deve comprendere un più complessivo rilancio dell’attività sportiva tra gli italiani. Adesso.

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Giorgio Bruni