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Categorie: News Politica

Il nuovo premier Renzi è davvero credibile?

Published by
Davide Permunian

Ma di Matteo Renzi, ci si può fidare? Questa è la domanda che molti, in questo momento, si pongono. Perché l’abbiamo sentito, con le parole è bravo, niente da dire, l’ha confermato davanti al Senato e soprattutto davanti alla Camera. Ma l’esperienza ci insegna che non sempre il buon comunicatore è anche un buon politico. Nei suoi quasi 153 anni di storia il nostro Paese è stato spesso governato da ottimi oratori, che però dopo aver abilmente convinto gli Italiani a votare per loro si sono rivelati dei pessimi statisti. Sarà forse così anche per l’ex Rottamatore?

Renzi non è un ingenuo e tanto meno uno sprovveduto. Sa bene che una buona comunicazione è fondamentale per riuscire a creare consenso e tentare di intercettare anche la preferenza di chi non nutre fiducia nei suoi confronti, o perché lo considera la versione giovanile di Berlusconi o perché lo ritiene l’uomo delle banche e dei grandi industriali. Sin dagli albori della sua carriera politica, sfruttando anche il fattore anagrafico, si è proposto come l’uomo del cambiamento, il nuovo che ambisce a rottamare il vecchio e a prendere il suo posto. Ha fatto leva sui concetti di passione, coraggio, rinnovamento e speranza per persuadere le persone a sostenerlo. Ha generato prima curiosità, poi interesse, infine un entusiasmo sempre maggiore. Ma anche rispetto quando, dopo aver perso le primarie del dicembre 2012, anziché candidarsi alle elezioni politiche scelse di rimanere leale al partito appoggiando chi quelle primarie le aveva vinte, ovvero Bersani. Insomma, fino a qualche settimana fa l’ex sindaco di Firenze era visto da molti alla stregua di un eroe praticamente senza macchia, un puro, tutto valori, principi e ideali. Ma poi è arrivato il tiro mancino ai danni del collega e amico Letta, che ha fatto crollare parecchie certezze anche tra i sostenitori più convinti. Chi è veramente Renzi? Rappresenta davvero l’ultima ancora di salvezza del nostro Paese oppure, al di là delle novità di forma (per esempio, il fatto che alle tradizionali formule del “politichese” preferisca un linguaggio più vicino alla gente), è nella sostanza un altro affarista privo di scrupoli? I “pizzini” inviati a Di Maio, che quasi certamente sarebbero stati resi noti, vanno intesi come un sincero tentativo di dialogo con le opposizioni, oppure sono solo uno trucchetto mediatico impiegato contro il M5S?

Porsi dei dubbi è sintomo di intelligenza e questo è di sicuro un dubbio intelligente, oltre che legittimo. Ma occorre prestare attenzione a non cadere nella facile tentazione di demonizzare automaticamente chi si dimostra bravo con la retorica. La comunicazione, di per sé, non è un male, dipende dall’uso che ne viene fatto. Nel mondo romano vigeva l’ideale del “vir bonus dicendi peritus”, “l’uomo di valore, esperto nel dire“. Gli antichi riconoscevano alla parola uno straordinario valore e se ne servivano di più e meglio rispetto a noi. Erano convinti che aver ragione non fosse sufficiente: la persona per bene doveva anche essere capace di spiegare agli altri perché aveva ragione, altrimenti ad avere la meglio sarebbe stata la persona in malafede. Oggi decenni di efficace comunicazione ma cattiva politica ci hanno portato ad associare le due cose e a ragionare secondo la logica che chi è abile nell’una non può essere abile nell’altra, chi sa far valere i propri argomenti ci sta certamente ingannando. Spesso, purtroppo, è stato ed è così. Ma non per questo dobbiamo fare di tutta l’erba un fascio.

Renzi aveva sempre proclamato che il suo interesse non era il potere, bensì il bene dell’Italia, e che non sarebbe mai giunto a Palazzo Chigi tramite oscure manovre di palazzo, ma solo attraverso le urne. Nel giro di una settimana ha fatto esattamente l’opposto. Incoerenza? Sì. Il motivo? Lo ha spiegato lui stesso ieri alla Camera: tornando al voto con il Porcellum, non ci sarebbe stato nessun vincitore e si sarebbe dovuti ricorrere di nuovo alle larghe intese. In sostanza, il Paese avrebbe perso altri due mesi per nulla, un ritardo che nelle nostre condizioni non ci possiamo permettere. È credibile? Forse sì, forse no. Gli elementi per giudicarlo ancora non li abbiamo. Però li avremo presto, perché adesso l’ex Rottamatore ha scelto di rischiare il tutto per tutto e non può più tornare indietro. A parlare saranno i fatti: se riuscirà a trasformare il Paese come ha promesso, impresa allo stato attuale molto complicata per ragioni prima di tutto politiche, avrà avuto ragione; se fallirà, avrà compromesso irrimediabilmente se stesso. E a quel punto nessuna attenuante potrà salvarlo.

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Davide Permunian