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Categorie: Cultura News

Ferzan Ozpetek presenta ‘Allacciate le cinture’

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Enrica Raia

Una storia d’amore capace di resistere al tempo e alle difficoltà. E’ soprattutto questo “Allacciate le cinture”, il nuovo film di Ferzan Ozpetek in uscita il sei marzo in 350 copie. A due anni esatti da “Magnifica Presenza”, il regista turco torna al cinema con una pellicola bella e intensa, a metà tra dramma e commedia, che racconta “il tempo, la vita, l’amicizia e la malattia attraverso una grande storia d’amore”. Un sentimento travolgente e passionale, capace di superare tutti gli ostacoli che incontra sul suo cammino. Lo stesso che lega Elena (Kasia Smutniak) e Antonio (Francesco Arca). Due persone agli antipodi che finiscono per innamorarsi. Dopo tredici anni le loro vite e degli amici che li circondano sembrano realizzate, fino a che arriva una malattia a scuotere il precario equilibrio su cui si muovono.

Da qui il titolo “Allacciate le cinture”. A spiegarlo è lo stesso Ferzan Ozpetek in conferenza stampa: “Nell’arco della vita ci capita prima o poi una ‘turbolenza’, che arriva a tutti, per forza. Non è né l’aereo, né la macchina, ma la vita”. Dalla vita vissuta al cinema. Come spesso accade per le storie raccontate da un regista intimista come Ozpetek, è la stessa esistenza quotidiana, con i suoi drammi e le sue emozioni, ad essere fonte di ispirazione. Così è stato anche “Allacciate le cinture”. “Sei anni fa ho organizzato una cena per una cara amica che non stava bene e l’ho vista fisicamente molto cambiata – spiega il regista parlando dell’idea da cui è nato il film –. Impulsivamente le ho chiesto come era cambiata l’intimità con suo marito e lei mi ha dato una risposta che mi ha fatto riflettere: ‘Pensa che ci prova ancora, agli uomini non fa schifo niente’. Subito dopo lei e suo marito si sono scambiati uno sguardo che mi ha commosso. Ho sentito l’amore nell’aria e ho deciso che volevo raccontarlo”. Non la malattia quindi, ma l’amore quello ‘puro’ che va oltre la fisicità e i segni del tempo trascorso. “C’è sempre il timore di parlare della malattia, perché si pensa che la gente voglia solo ridere, qui c’è tutto questo, perché ciò che conta è emozionare, piangere e ridere insieme, che poi fa parte della vita”.

Per raccontare questo grande amore Ozpetek si è ritrovato a dividere la penna con Gianni Romoli, il suo storico sceneggiatore e coautore di successi come “Saturno Contro” e “La finestra di Fronte”. Ma soprattutto ha fatto affidamento a un cast notevole che si è abbandonato a lui completamente, anche a discapito di trasformazioni fisiche estreme. Ambientato in due fasi temporali diverse, una prima nel 2000 e una seconda nel 2013, con una pausa delle riprese di un mese, agli attori è stato chiesto di lavorare molto sui chili e sui capelli. E se la Smutniak è dimagrita molto per la seconda parte, quella sulla malattia, Arca è dovuto invece ingrassare 13 chili. “Una goduria lavorare con questi attori”, dice Ferzan prima di rivelare alcuni retroscena della discussa scelta di Arca come protagonista: “su Twitter mi hanno insultato. Ma appena l’ho visto ho capito che era lui perché aveva Antonio negli occhi, a dimostrazione che se uno ha un istinto, anche se non studia, può essere attore”, mentre l’ex tronista, alla sua prima esperienza nel cinema che conta, racconta la sua personale “via crucis” dei provini durati oltre un mese. Ma una volta scelto “ho solo pensato a lavorare, sono stato un buon soldato, mi sono fatto completamente guidare da Ferzan”. “Il tempismo con cui questa storia è arrivata nella mia vita è stato perfetto” fa eco una Smutniak in dolce attesa. “Ero in un periodo particolare della mia vita quando ho letto la sceneggiatura. Tutto il discorso del tempo, di dargli importanza partendo dalle piccole cose, volevo urlarlo al mondo”.

Accanto ai due protagonisti il “solito” cast di straordinari comprimari, bravi e incisivi nell’alleggerire l’atmosfera, anche con ruoli molto piccoli: Luisa Ranieri, Francesco Scianna, Carolina Crescentini, Filippo Sicchitano, Giulia Michelini. Ma su tutti spiccano Carla Signoris, Elena Sofia Ricci e Paola Minaccioni, in un ruolo inedito e di grande impatto emotivo: “Il mio ruolo era già una perla scritto da Gianni e Ferzan. Sono stata felicissima di interpretare un ruolo in cui un’attrice non si deve preoccupare di tante cose, soprattutto del trucco. E con Kasia e’ stato pazzesco: senza parlare ci siamo capite subito”. Le ultime battute sono per la scelta musicale assolutamente indovinata. La canzone di Rino Gaetano “A mano a mano” che si ascolta nel finale del film: “Le parole sono forti – dice Ozpetek – ma lui la canta con una particolare leggerezza che mi sembrava perfetta”.

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Enrica Raia