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Categorie: Calcio News Sport

Ottavi Europa League, spettacolo garantito: Italia, missione compiuta

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Giorgio Bruni

Quattro italiane agli ottavi di Europa League: l’evento non si registra da una vita, per la precisione dal 2000, quando si chiamava Coppa Uefa e approdarono nella Top 16 europea, Juventus, Udinese, Parma e Roma: un poker tricolore che fu tutto eliminato, non proseguendo la corsa per la vittoria.
E non è successo per un’inezia ieri sera, quando la Lazio contro la modesta compagine bulgara del Ludogorets, ha visto sfumare la qualificazione all’86°.

Dopo quel 2000 che vide anche la Nazionale ben figurare agli Europei con la finale persa contro la Francia, si è segnata la fine di un’epoca in cui la Coppa Uefa, ex Coppa delle Fiere vinta nel ’61 dalla Roma, era in gergo «Coppa Italia» e non ce n’era per nessuno: allora si giocarono addirittura 4 finali (’90, ’91, ’95 e ’98) con un solo inno in campo, l’inno di Mameli. Juventus-Fiorentina, Inter-Roma, Parma-Juventus, Lazio-Inter.

Tempi andati, quando il nostro era il campionato più bello del mondo. Ma questo torneo, complice la «retrocessione» della Juve che si ritrova la finale in casa, incoraggia prospettive interessanti.
Da quanto non si sente dire «arrivano le italiane»? Avanti in due, tre o quattro?
Negli ultimi anni le italiane hanno sempre bucato l’appuntamento con le semifinali: Udinese e Lazio, un po’ per la poca esperienza in campo europeo, accompagnata da arbitraggi anti-italiane, sono state stoppate ai quarti.
Altre squadre disputavano le gare di questo torneo anche con le seconde linee, accusate di snobbare la competizione: per disinteresse, strategia, follia, non solo per i valori in campo non siamo mai arrivati a giocarci la seconda coppa d’Europa.

Le cifre infatti sono impietose per il calcio nostrano: da quando l’Europa League ha una formula a gruppi, seguendo la formula della Champions, cioè dal 2005, la Spagna ha piazzato 9 semifinaliste, seguita da Germania, Portogallo e Inghilterra con 5.
E noi? A misera quota 2, Parma (2005) e Fiorentina (2008), oltretutto «interrotte» sul più bello, sulla soglia della finale. Non parliamo poi di sollevare il trofeo: l’ultima risale all’altro secolo, 1999 grazie al Parma. Si chiamava ancora Coppa Uefa. Ahi, ranking! E non è che la sottovalutazione dell’Europa League abbia scaturito effetti opposti in Champions. Il contrario: dal 1990 ne abbiamo conquistate appena 5 (Juve 1996, Milan 1994, 2003, 2007, Inter 2010 con Lippi, Capello, Ancelotti e Mou poi andati a cercare fortuna altrove); nella stagione in corso ci siamo aggrappati al Milan, mezzo fuori dopo il k.o. con l’Atletico.

Eppure sarebbe l’anno giusto per la ripartenza nel ranking: da qui, dall'”orrida” ma utilissima Europa League. Come hanno fatto Germania e Portogallo senza vergognarsi, ma rimboccandosi maniche e calzettoni. In ballo i coefficienti Uefa e, perché no, qualche euro: non quelli di Champions, ma buttali… Nel mitico ranking viaggiamo al 4° posto, il distacco su Portogallo e Francia s’è allargato, meglio evitare scivolate, ma ora basta soltanto proteggersi, pensiamo a risalire. Quali rivali chissà perché, per il resto dell’Europa che conta, il doppio impegno campionato-Europa si affronta e basta, mentre per le italiane è una fatica colossale. Chissà perché Siviglia e Chelsea arrivano all’epilogo senza bombole d’ossigeno. E questa non è neanche la più impossibile coppa che si ricordi: con Tottenham e Porto, le avversarie più pericolose sembrano Siviglia e Valencia (7° e 8° in Liga), Benfica e Basilea (1° in Portogallo e Svizzera): non stiamo parlando di Real, Barcellona e Bayern. Niente di impossibile. Non per la Juve delle ultime stagioni, dignitosa nel doppio confronto con il Real. Non per il Napoli di Higuain e dell’uomo delle Coppe, Rafa Benitez. Non per la Fiorentina. Vincendo l’Europa League si accede alla Supercoppa Europea di Agosto che è il primo grande appuntamento europeo della stagione. E’ un peccato che Juventus e Fiorentina si affrontino agli ottavi: perché sono entrambe squadre che avrebbero la caratura e la possibilità per andare molto più lontano. Una delle due dovrà fermarsi.A meno che Capello non abbia ragione da vendere e, oltrepassati i confini della Serie A, le gerarchie vadano riviste e perchè no, diano esiti sorprendenti. Sarebbe bello dimostrare il contrario.

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Giorgio Bruni