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Tecnologia

Truffe call center, come funzionano e come evitare di cascarci

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FrancescoDV

Le telefonate “mute” dall’estero sono a volte una delle modalità usate da call center specializzati in vere e proprie truffe.

Negli ultimi tempi sono aumentate su Internet le segnalazioni di utenti che sostengono di aver ricevuto telefonate indesiderate o senza risposta da parte dell’interlocutore. Con il moltiplicarsi delle offerte commerciali e l’utilizzo sempre più diffuso di smartphone e app sono cresciute le occasioni in cui, volontariamente o involontariamente, le persone danno l’autorizzazione alla cessione dei propri dati personali ad aziende terze.

Una delle conseguenze più spiacevoli, specialmente nel caso di rapporti con società poco trasparenti, è che quei dati finiscano poi in liste a disposizione di altre società difficilmente rintracciabili. E ripercorrere a ritroso la catena diventa un’operazione quasi impossibile. Tra le aziende interessate ad avere quei dati ci sono purtroppo gruppi che tramite call center riescono poi a mettere in piedi delle autentiche truffe.

Uno dei casi maggiormente riferiti dagli utenti è quello delle telefonate “mute”, senza risposta. Il cliente di un operatore telefonico – Wind Tre, Vodafone o Tim, ma capita anche a clienti Iliad, Postemobile e altri – riceve una telefonata da un numero sconosciuto. Spesso il numero ha un prefisso estero, come per esempio +216 (Tunisia) o +44 (Regno Unito). Il cliente risponde, non riceve alcuna risposta e, dopo un po’, la telefonata cade.

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Come funzionano le truffe dei call center

(Piqsels)

Il fenomeno delle telefonate “mute” è ben noto ormai da diversi anni, con il nome di “ping call” o “Wangiri”. L’obiettivo dei truffatori è quello di incuriosire o spaventare il cliente, fino a indurlo a richiamare il numero da cui ha ricevuto la telefonata. A quel punto la truffa è compiuta. Quella contro-telefonata può arrivare a costare al cliente fino a 1,50 euro al secondo e attivare sconosciuti servizi a pagamento ancora più costosi.

In altri casi le telefonate iniziali sono talmente brevi da non dare al cliente il tempo di rispondere. La classica “chiamata persa” è comunque ugualmente sufficiente, o persino più efficace, a incuriosire il cliente. La truffa ha ancora più probabilità di successo nel caso, peraltro piuttosto frequente, in cui il cliente abbia effettivamente amici o familiari nel paese da cui proviene la telefonata.

Alcuni scenari descritti su Internet da altri utenti ipotizzano un funzionamento delle truffe ancora più subdolo. I call center da cui provengono le telefonate potrebbero in alcuni casi avere attivi dispositivi di registrazione della conversazione. In quel caso anche un semplice “sì” del cliente può essere utilizzato a scopi illeciti, sostiene qualcuno.

Come difendersi

(Getty Images)

Il primo e più ovvio consiglio per evitare di finire nella trappola delle truffe dei call center è quello di non richiamare numeri sconosciuti. E nemmeno è il caso di inviare messaggi SMS o WhatsApp, naturalmente. La stessa prudenza dovrebbe inoltre suggerire ai clienti di non aprire, in generale, link presenti in eventuali messaggi ricevuti. Su WhatsApp è possibile bloccare del tutto il contatto, in casi del genere.

Un’altra delle operazioni preliminari da effettuare per mettersi al riparo dal rischio di ritrovarsi addebitati esorbitanti costi indesiderati è quello di disattivare i servizi a pagamento. È una funzione messa a disposizione da vari operatori (Vodafone, Wind Tre, Tim e altri), e in alcuni casi (Iliad) è possibile farlo anche online.

Per essere infine completamente sicuri di non incappare nei casi più estremi di truffa, quella dei call center che registrano la telefonata, basta qualche accortezza. Alle telefonate in cui gli operatori come prima cosa si accertano dell’identità dell’interlocutore meglio rispondere con un “sono io” o “non è il mio nome”, ed evitare “sì” e “no”.

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