Gli ultimi ritocchi alla manovra in favore di casta e furbetti, i comuni all’attacco

Dopo il primo sì al Senato, la manovra arriverà alla Camera lunedì prossimo, con un voto che dovrebbe arrivare entro giovedì. Non si sa ancora infatti se la fiducia verrà posta anche nel secondo passaggio parlamentare, tra l’altro più insidioso rispetto a quello di Palazzo Madama, anche se la bilancia pende sul sì. Ma per giovedì prossimo è prevista anche la manifestazione di protesta degli amministratori locali, proclamato oggi dal direttivo dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, un evento finora unico nella storia, che coinciderà anche con un gesto più che simbolico, la restituzione ai prefetti delle deleghe sulle funzioni di anagrafe.

Nonostante la movimentazione sia animata anche da elementi di spicco della maggioranza, quali Osvaldo Napoli (presidente dell’Anci in carica), i governatori Renata Polverini e Roberto Formigoni, i sindaci Gianni Alemanno e Flavio Tosi, per il momento non sembrano esserci grandi spiragli di mediazione. Il Consiglio dei ministri ha anche avviato il processo di revisione costituzionale per l’abolizione delle province ed il pareggio di bilancio (slittato però al 2014) e sarà interessarne seguirne il lungo e paludoso iter parlamentare. Soddisfatto il ministro dell’Economia Giulio Tremonti: “Il principio del pareggio di bilancio non sarà solo un criterio contabile ma un principio ad altissima intensità politica e civile”.

Alla fine la manovra è stata approvata per un totale di 54,2 miliardi di euro di entrate entro il 2013 ma se il governo nelle ultime ore non aveva trovato di meglio che apporre il voto di fiducia ed appesantire di molto il provvedimento sulle spalle dei cittadini, pur se già sommerso dalle polemiche si è preoccupato di fare qualche “ritocchino”, forse sperando di non dare troppo nell’occhio. Al fotofinish sono stati rivisti nel maxiemendamento i tagli alle indennità dei parlamentari, assai ridimensionati ed in vigore appena per due anni. In pratica, gli onorevoli di Camera e Senato che godono anche di un secondo reddito non avranno più ridotto (come nella versione precedente) lo stipendio da parlamentari del 50% (per la quota eccedente i 90mila euro) ma solo del 20%, taglio che sale al 40% per le eccedenze ai 150mila euro. Viene anche eroso l’ottimo principio che si era stabilito di incompatibilità tra le cariche elettive, con giochi di parole viene alterato il testo originario e sarà ancora permesso, ad esempio, essere parlamentare e sindaco contemporaneamente.

Qualche novità anche sulla lotta all’evasione fiscale, che dovrebbe acquisire “soldi certi” in particolar modo dal recupero coatto (tramite Agenzia delle Entrate ed Equitalia) per quanto dovuto dai contribuenti che avevano aderito alla sanatoria del 2002 ma non avevano poi pagato tutto il corrispettivo, e che ora si vedranno contestare anche gli interessi entro il 31 dicembre 2011. Ma è sul tanto ostentato “carcere” per gli evasori di oltre 3 milioni di euro che arriva un altro ritocco “particolare”: la condizione affinchè scatti la sanzione penale succitata sarà che l‘imposta evasa dovrà comunque essere superiore al 30% del volume d’affari, insomma la solita scappatoia per i furbacchioni, ma solo se di alto livello.

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Confermato l’aumento dell’Iva dal 20 al 21%, il contributo di solidarietà del 3% per i redditi superiori ai 300mila euro, e l’anticipo al 2014 (invece che 2016) per l’aumento dell’età pensionabile per le lavoratrici, fino ad arrivare a 65 anni. Su queste cose che riguardano in maggioranza cittadini “comuni” evidentemente non c’è nessuno che ha scalciato come un (ricco) somaro fino all’ultimo, per ritoccarle.

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