Napolitano lascia nel 2013, iniziato toto-Quirinale

Una notizia ha fatto il giro del mondo politico e istituzionale nelle ultime ventiquattro ore, da quando cioè, il capo dello stato, Giorgio Napolitano, ha annunciato pubblicamente di non aspirare a un secondo mandato nel 2013, alla scadenza del suo settennato. Il presidente lo ha detto, rispondendo a una domanda postagli nella scuola media romana “Virgilio”, riguardo alla sua volontà di continuare a fare la prima carica della Repubblica dopo il maggio 2013. Napolitano ha risposto che tra un anno sarà un cittadino comune, che si ritirerà a vita privata, perché ha già fatto tanto lavoro e si sente soddisfatto, auspicando poi che al Quirinale arrivi finalmente una donna.

Le sue parole sono rimaste immortalate in una trasmissione registrata per Rai Educational. Ma non ha fatto in tempo a pronunciarle, che tutta la stampa le ha rilanciate come l’annuncio ufficiale della conclusione del suo mandato senza seguito tra poco più di un anno.

In realtà, le chance di Napolitano di ottenere una riconferma erano già scarse a prescindere. Anzitutto, perché nessun presidente ha finora nella breve storia repubblicana ottenuto un secondo mandato. Nel 1999, Oscar Luigi Scalfaro ritenne che l’obiettivo fosse alla portata, anche perché al governo c’era il centro-sinistra con premier Massimo D’Alema, di cui era stato un tifoso nemmeno molto nascosto. Eppure la rielezione non fu nemmeno presa in considerazione, con Carlo Azeglio Ciampi che gli subentrò fino al 2006. Secondo motivo è più concretamente anagrafico. Napolitano compirà 87 anni il prossimo 29 giugno e pensare che a 88 anni dovrebbe iniziare un secondo mandato sarebbe qualcosa di certamente improponibile, per quanto l’uomo goda di buona salute.

E per un intreccio che si ebbe già nel 2006, la fine del suo mandato coincide con nuove elezioni politiche, che determineranno il rinnovo delle Camere, con un possibile tsunami elettorale, se la crisi finanziaria ed economica dovesse proseguire nei prossimi mesi.

Per questo, è da molti mesi che, in realtà, si parla del 2013 quale prossima tappa istituzionale di grande rilievo. Ma come già sei anni fa, anche stavolta non esiste un vero e proprio candidato alla successione. In verità, nei 64 anni di storia della Repubblica, i capi di stato sono sempre stati eletti all’ultimo minuto e quasi sempre chi è entrato in conclave da papa ne è uscito cardinale.

Quell’auspicio di Napolitano di eleggere una donna suona come un monito, di cui certamente la politica terrà formalmente conto nelle prossime giornate, ma sembra al momento essere destinato a cadere nel vuoto. La ragione fondamentale è che sono pochissime le donne italiane in politica, in grado di aspirare alla massima carica dello stato, sulla base del proprio curriculum politico-istituzionale.

Certamente, torna sempre in ballo, come a ogni rinnovo della carica, il nome di Emma Bonino, leader storica dei Radicali, insieme a Marco Pannella. Tuttavia, malgrado le indiscusse qualità personali, il suo nome rappresenta motivo di scontro tra cattolici e laici, crea divisione e non unione. Piaccia o meno, sembra davvero difficile con l’attuale sistema istituzionale mandare al Quirinale una personalità di spessore, che abbia una storia politica forte alle spalle. Inoltre, non è un mistero che alla stessa carica ambiscano più persone, il cui destino è legato fortemente ai risultati delle prossime elezioni.

L’ex premier Silvio Berlusconi vorrebbe andarci da tempo, ma per farlo deve attraversare una fase di cosiddetta “decantazione”, che cioè lo privi delle critiche asperrime che accompagnerebbero una sua eventuale elezione da parte della sinistra.

Per questo, ad esempio, se il prossimo presidente dovesse uscire dalle fila del centro-destra, il nome in pole position potrebbe essere quello di Gianni Letta, già sottosegretario alla presidenza del consiglio con il governo Berlusconi e personalità che godrebbe anche della “tolleranza” della controparte politica.

Ma anche Pierferdinando Casini, leader dell’UDC, ambisce alla carica e al momento il suo nome potrebbe essere considerato tra i più papabili, specie se in forza di un’alleanza tra il suo partito e uno tra PDL e PD.

Restando in tema di toto-nomine, poi, c’è Mario Monti, attuale premier, il cui mandato scadrebbe proprio in coincidenza con la fine del mandato di Napolitano. Avrebbe il netto vantaggio del sostegno bipartisan, visto che fino al maggio 2013 dovrebbe essere sostenuto da PDL e PD al governo. Su di lui non ci sarebbero opposizioni di sorta. Oggi, è il “frontrunner”, il candidato da battere tra un anno.

Spostando lo sguardo a sinistra, i nomi potrebbero essere diversi. L’ex premier Romano Prodi otterrebbe il sostegno un pò di tutte le anime del centro-sinistra, cosa che non si potrebbe dire di altri. Tuttavia, c’è da scommettere che sarebbe osteggiato dal centro-destra, quale espressione e simbolo dell’antiberlusconismo.

Anche Massimo D’Alema giocherebbe le sue carte, ma la debolezza della segreteria di Bersani, a lui vicino, rende il suo nome con poche chance reali di farcela. Suggestiva sarebbe anche l’ipotesi Veltroni, ma forse resterebbe, appunto, una suggestione.

Il toto-Quirinale, insomma, è partito, ma durerà fino al secondo primo dell’elezione del nuovo presidente, perché tantissimo dipenderà dalle prossime elezioni politiche.

 

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