FonSai, assemblea approva bilancio. Entrano Sator-Palladio in cda

La tanto attesa assemblea dei soci di Fondiaria Sai ha approvato il bilancio dei conti 2011. Ma la vera notizia, peraltro non una sorpresa, è che il rinnovo del consiglio di amministrazione vede l’ingresso di un consigliere per la lista di opposizione presentata dalle società Sator e Palladio Finanziaria, complessivamente all’8% e rette da Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo, rispettivamente a capo delle due, fautori di una controproposta alternativa al piano Unipol. In loro rappresentanza entrerà Salvatore Bragantini, mentre escono Carlo D’Urso, l’ex ad Fausto Marchionni e la già dimissionaria Giulia Maria Ligresti. Al loro posto, in rappresentanza della holding di controllo Premafin e di Unicredit, entrano Marco Reboa e Giorgio Oldoini.

Il cda si riunirà giovedì, ma l’attuale amministratore delegato e fedele dei Ligresti, Emanuele Erbetta, ha smentito che in tale sede verrà affrontato il tema dei concambi. Al contrario, il board dovrebbe limitarsi a discutere delle nomine dei comitati e delle cariche.

Ma a tenere banco anche oggi è stato sempre il piano Unipol, che prevede l’integrazione tra la compagnia, la controllata Milano Assicurazione, la holding controllante Premafin e la compagnia assicurativa bolognese. La fusione dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno, dopo che saranno effettuate le tre ricapitalizzazioni previste, ossia l’aumento di capitale di 1,1 miliardi per Unipol, di altri 1,1 miliardi per FonSai e quello riservato di 400 milioni di Premafin. Pertanto, il cda oggi nominato dovrebbe restare in carica per pochi mesi, il tempo di arrivare all’integrazione.

Ed Erbetta è tornato proprio sul capitolo ricapitalizzazione, per precisare due punti, in risposta alle domande dei soci di Sator e Palladio. Il primo è che l’importo non dovrebbe variare in diminuzione, come pure qualche quotidiano oggi paventa, in relazione a una maggiore conversione dei debiti Premafin in equity. Erbetta ha chiarito che non ci sarà alcun alleggerimento dell’aumento di capitale, anche perché bisognerebbe rifare i conti con l’Isvap, che già nelle scorse settimane si era mostrata contraria all’idea di ridurre l’importo, come suggerito in ambienti finanziari, per via del miglioramento del margine di solvibilità.

Inoltre, l’ad ha anche precisato che l’aumento di capitale sarà attuato in presenza del piano Unipol, smentendo quanto pure aveva dichiarato lo scorso 19 marzo Giulia Maria Ligresti, secondo la quale sarebbe stata possibile la stessa ricapitalizzazione in una condizione di stand alone.

Le condizioni del mercato sono mutate e in peggioramento. Dalla data di quelle dichiarazioni, infatti, lo spread decennale tra i nostri BTp e i Bund tedeschi è passato da 300 a 400 punti base e questo implica una maggiore difficoltà per le società italiane di reperire capitali sui mercati finanziari, per via del maggiore rischio Paese avvertito dagli investitori.

La questione s’intreccia con quella della holding, che è gravata da 368 milioni di debiti verso le banche. Un accordo già siglato nei mesi scorsi prevede che i creditori convertano 225 milioni in un prestito convertendo, mentre i restanti 143 milioni sarebbero riscadenzati. Ora, si paventa l’ipotesi che salga a 325 milioni la quota di debito convertita in equity, in modo da fare aumentare il valore patrimoniale netto della società, a beneficio del concambio.

Non è un mistero che nessuna delle tre società dei Ligresti sia soddisfatta del valore di concambio fissato da Unipol, la quale mira così a raggiungere il controllo del 66,7% dell’intero gruppo post-fusione. Al contrario, se si dovesse realizzare il progetto di una maggiore partecipazione delle banche alla ristrutturazione del debito di Premafin, il miglioramento in termini di patrimonio sarebbe per questa dell’1,5-2%, portando Unipol a un controllo intorno al 65%.

Restano sullo sfondo diversi nodi e la possibilità che le inchieste giudiziarie della Procura di Milano si allarghino, mettendo a rischio l’operazione. Anzitutto, Salvatore Ligresti è stato indagato per aggiotaggio, in relazione a un suo tentativo di fare salire il corso delle azioni Premafin, attraverso acquisti dei due fondi con sede in paradisi fiscali, a lui riconducibili, ma la cui proprietà era stata nascosta alle autorità di vigilanza. Anche per questo è indagato per ostacolo alle attività di vigilanza.

C’è poi la questione delle casseforti Imco-Sinergia, detentrici complessivamente del 20% della holding, ma le cui partecipazioni sono state poste sotto sequestro, dopo che il pm Luigi Orsi ha chiesto istanza di fallimento.

Adesso, si era anche sparsa la voce che l’ad Erbetta avesse presentato un esposto alla Procura di Milano, mettendo in dubbio l’entità delle riserve Rc Auto di FonSai, pari a 9,8 miliardi, ma del quale valore reale avrebbe dubitato lo stesso manager.

Ma è stato egli stesso a smentire seccamente tale voce, sostenendo come la Procura non possa aprire un’indagine sui conti del 2011, prima che questi siano votati dall’assemblea dei soci.

E in tema di guerra sul concambio, dalla stessa FonSai sono partite nei giorni scorsi alcune bordate contro la sottoscrizione da parte di Unipol di obbligazioni per un importo di 6 miliardi, in parte anche verso JP Morgan, con sottostanti titoli di stato, per i quali non sarebbero state effettuate rettifiche di valore. Il tutto è volto a modificare in diminuzione il valore dell’attivo patrimoniale della controparte, in modo da farne scendere la quota di controllo post-fusione.

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