Aja condanna Charles Taylor per “diamanti insanguinati” in Sierra Leone

La Corte Internazionale dell’Aja ha condannato l’ex dittatore liberiano Charles Taylor, 64 anni, per le ferocie commesse in Sierra Leone, a proposito dell’increscioso capitolo degli anni Novanta dei cosiddetti “blood diamonds”, i diamanti insanguinati, che furono la causa del massacro di 50 mila persone, della riduzione in schiavitù di altre decine di migliaia di abitanti del Sierra Leone e del reclutamento e successivo lavaggio del cervello di migliaia di bambini soldato, trasformati in militari atroci e senza cuore.

Per conoscere a quanti anni di carcere è stato condannato Taylor bisognerà attendere il prossimo 30 maggio, mentre si sa già che per lui si dovrebbero spalancare le porte di qualche penitenziario britannico.

Tuttavia, è bene precisare che la sentenza dell’Aja rappresenta una vittoria a metà per le associazioni umanitarie, che si erano battute per ottenere l’incriminazione piena, a conferma del suo ruolo nelle vicende che gli sono state addebitate. Infatti, Taylor non è stato riconosciuto come responsabile diretto o mandante delle stragi, bensì viene condannato per averle facilitate e per avere venduto armi, utilizzate per compiere i massacri, in cambio dei diamanti. Ma la stessa Amnesty International fa notare come si tratti pur sempre del riconoscimento che quale che sia il proprio ruolo, ciascuno sarà chiamato a rispondere per i crimini commessi. E alla lettura della sentenza da parte del giudice Richard Lussick, a Freetown, una folla è esplosa in giubilo per le strade della capitale. Il loro ex dittatore si è sempre proclamato innocente, come tutti gli ex capi di stato che si sono trovati alla sbarra nel tribunale olandese.

La sentenza di ieri è poi rivoluzionaria, dicono le associazioni umanitarie, perché si tratta della prima condanna inflitta a un ex capo di stato, come rimarca anche il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, la quale parla di “pietra miliare contro l’impunità”.

Per capire a cosa si riferisca la sentenza, dobbiamo fare un passo indietro e spiegare i fatti. Nel 1989, Charles Taylor arriva al potere in Liberia, attraverso un colpo di stato sanguinario, che pone fine a una precedente dittatura del generale Samuel Doe, a capo del Fronte nazionale patriottico per la Liberia (Fnpl), i cui metodi funsero da tragico esempio. La confinante Sierra Leone detiene miniere di diamanti e nel nord del Paese si crea in poco tempo un’area, nota tristemente come “Taylorland”, la terra di Taylor, che s’impossessa indirettamente dei preziosi, grazie a un accordo con il Ruf, il “Revolutionary United Front”, il Fronte Unito Rivoluzionario, capeggiato dal terribile caporale Foday Sankoh, che passa per i villaggi, stermina la popolazione e recluta bambini per controllare il territorio. Molti uomini vengono ridotti in schiavitù, costretti a lavorare gratuitamente e in condizioni disumane per estrarre i diamanti dai fiumi e dalle miniere di cui è ricco il Paese.

Il Ruf aveva contatti proprio con Taylor, il quale lo riforniva di armi e incoraggiava le stragi, ottenendo in cambio una parte dei diamanti estratti, creando una situazione formalmente paradossale. Infatti, pur essendo quasi totalmente priva di questi preziosi, ufficialmente la Liberia ne risultava esportatrice e così le multinazionali non incorrevano nella condanna della pubblica opinione, in quanto dichiaravano di importare i diamanti dalla “pulita” Liberia e non dalla “stragista” Sierra Leone.

Pare che gli affari privati tra Taylor e Sankoh abbiano determinato un giro d’affari annuo di almeno 200 milioni di dollari. Questo colossale giro di denaro è stato determinato da indicibili mutilazioni di numerosi uomini e donne dei villaggi in Sierra Leone, privati dei loro arti, come sfregio e segno di potere e controllo su tutto il territorio. I fatti sono stati così cruenti, da essere stati anche raccontati da un film di successo, “Blood Diamond”, che ebbe come protagonista l’attore italo-americano Leonardo Di Caprio.

Il paradosso è che Taylor, considerato anche un dittatore sanguinario dalla Comunità internazionale, è stato un capo di stato abbastanza terribile anche nel suo stesso Paese, dove in 14 anni di guerra civile, terminata con la sua fuga solo nel 2003, si sono registrate almeno 300 mila vittime e massacri simili a quelli descritti per lo stato confinante. Tuttavia, per questi episodi non è stato mai sottoposto a processo.

Per questo, le associazioni per i diritti umani hanno chiesto che Freetown processi il loro ex dittatore anche per i crimini commessi in patria.

In Liberia, la situazione politica non può ancora essere considerata come un ritorno alla normalità, come hanno dimostrato le tensioni esplose nel Paese, in occasione delle elezioni presidenziali del 2011, quando la presidente uscente Ellen Johnson Sirleaf, che a tre giorni dal primo turno aveva vinto il premio Nobel per la Pace, ha ottenuto il secondo mandato.

Nel maggio del 2006, fu proprio Johnson Sirleaf a chiedere alla Nigeria, dove Taylor si era rifugiato, l’estradizione dell’ex presidente liberiano, che poi fu arrestato dalle autorità nigeriane, mentre tentava di riparare in Camerun. Da allora, Taylor si trova rinchiuso nel carcere dell’Aja, che dovrebbe lasciare tra un mese, quando sarà trasferito in una prigione britannica.

 

 

 

 

 

 

 

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