Berlusconi annuncia semi-presidenzialismo e direttorio politico PDL

Oggi, a Palazzo Madama, si preannuncia una giornata densa di spunti per l’appuntamento che vede il presidente e il segretario del PDL, Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, dare inizio alla svolta politica di cui si attendeva da tempo. Berlusconi annuncerà la novità su due piani diversi. Da un lato, egli rilancerà un nucleo ben preciso di riforme istituzionali, dall’altro punterà a rinnovare la dirigenza nazionale del partito, attraverso il coinvolgimento di esponenti giovani, da affiancare ai tre coordinatori del PDL, Ignazio La Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi. In sostanza, il progetto di creare alcune liste civiche, lasciando al PDL solo un ruolo di partito tra i tanti del nuovo centro-destra sarebbe stata accantonata, anche per le difficoltà oggettive che ciò comporterebbe.

Partiamo dal primo punto: riforme istituzionali. Il progetto dell’ex premier è di proporre oggi il semi-presidenzialismo alla francese con doppio turno. Così facendo, non solo torna in auge una proposta storica del centro-destra italiano, sin dal 1994, ma ciò avrebbe anche il pregio di mettere dinnanzi a un bivio Casini e Bersani, che non potrebbero più fingere che non ci sarebbe alcuna base per un dialogo sulle riforme.

In particolare, il doppio turno centrerebbe due obiettivi, nell’impostazione di Berlusconi: va incontro a una proposta della sinistra, che così potrà tirarsi indietro con grande difficoltà; ricompatterebbe l’area moderata, che se non fosse in grado di allearsi già al primo turno, potrebbe farlo ai ballottaggi per eleggere i parlamentari, puntando su un unico candidato. E non è detto che proprio il lancio di una fase costituente non possa recuperare il consenso dei centristi anche sin da subito, costringendoli a riformare quell’area del centro-destra, che da mesi è totalmente disgregata e ridotta a pezzi. Un bel guaio per chi, come Casini, vive di temporeggiamento e cerca di tirare la corda oltre le sue stesse possibilità da anni. Adesso dovrà scegliere: o le riforme con il PDL o il nulla da solo o in compagnia del PD. Rispondendo all’opinione pubblica, ovvio.

Altra questione è il direttorio. Oltre ai tre coordinatori, ai quali sarebbe affidato più un compito organizzativo del partito, i cinque nomi che dovrebbero affiancarli da subito sarebbero: Raffaele Fitto, Giorgia Meloni, Franco Frattini, Mariastella Gelmini, Maurizio Lupi.

A ognuno di loro sarà affidato un compito specifico. A Fitto andrebbe la delega sugli enti locali, alla Meloni le politiche giovanili, Frattini si dovrebbe occupare degli affari esteri e del legame con il Ppe e la formazione anche in Italia dell’area dei moderati; la Gelmini sarebbe la donna sul territorio e, infine, Lupi terrebbe i rapporti con l’area cattolica.

Tuttavia, il ruolo della Meloni sarebbe duplice. La giovane parlamentare ex An dovrebbe occupare tale ruolo solo temporaneamente, perché si prevede per lei la candidatura a sindaco di Roma, al posto del collega Gianni Alemanno, il quale, a sua volta, prenderebbe posto nel direttorio e si occuperebbe del partito in sede nazionale.

Quindi, la Meloni potrebbe fare il sindaco a Roma, in caso di vittoria e Alemanno diventerebbe un dirigente nazionale di peso e di spicco. Da tempo, infatti, il sindaco capitolino gioca una sua partita personale, sostenendo il governo Monti e creando un asse con l’area di Formigoni, proprio nel tentativo di impostare una manovra di rientro nelle stanze dei bottoni del partito nazionale.

Il messaggio anticipato ieri da Berlusconi è chiaro: o l’Italia svolta in una Terza Repubblica o farà la fine della Grecia. L’esempio è nitido: la Francia è passata da Sarkozy a Hollande, ma senza sprofondare nel caos, anzi, restando salda a livello istituzionale.

Resta il nodo dell’intesa con Luca Cordero di Montezemolo. L’imprenditore avrebbe già 50 mila iscritti con la sua Italia Futura, mentre starebbe già selezionando in tutta Italia candidati da presentare per la sua grande lista civica nazionale, che pare inizialmente non dovrebbe essere alleata con alcun partito e non dovrebbe presentare alcun collegamento nemmeno con lo stesso Governo Monti.

D’altronde, era stato anche Berlusconi da Bruxelles a ridimensionare la portata dell’intesa con Montezemolo, affermando che si sarebbe trattato solo di un incontro molto positivo e cordiale, ma che da parte sua non avrebbe fatto alcuna corte all’imprenditore per farlo entrare in politica.

Sarà, magari è il gioco delle parti. I segnali che tra i due ci sia più che una semplice intesa sulle prospettive italiane sono tutt’altro che blandi. Il riavvicinamento simbolico tra l’ex premier e Diego Della Valle (vicinissimo a Montezemolo), suggellato dall’applauso del primo all’ottenimento del premio Guido Carli del secondo; i colloqui, che pare sarebbero più di uno con il presidente Ferrari, la convergenza anche sui temi delle riforme.

E proprio l’annuncio del semi-presidenzialismo alla francese e del doppio turno potrebbe fare da apripista per un’intesa più solida con Montezemolo, visto che si tratta delle stesse proposte che il suo “think tank” Italia Futura fa già da mesi. Il cantiere del centro-destra sembra essere stato aperto. Il caos nel PDL resta, vedremo nelle prossime ore se la sortita di Berlusconi e Alfano avrà raggiunto l’obiettivo di ricompattare il partito.

 

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