Asta CTz e BTpEi, rendimenti salgono e domanda scende

Oggi, la settimana è iniziata con la prima sfornata di titoli di stato italiani delle tre previste da qui a mercoledì. Si è trattato del collocamento di CTz e di BTpEi, per un controvalore complessivo di 4,251 miliardi. Il clima della seduta è stato un pò particolare, segnato da un lato dalla bufera finanziaria che si sta abbattendo sulla Spagna, specie in relazione al caso Bankia, sia anche dal pessimismo generale sulla Grecia, ma attenuato dalla pubblicazione di 6 sondaggi, che darebbero in testa i conservatori di Nuova Democrazia, ossia il partito più favorevole alle politiche di austerità, richieste dalla UE in cambio di nuovi aiuti. Tuttavia, lo spread tra BTp e i Bund tedeschi viaggia oggi sui 345 punti base per il segmento decennale, mentre quello tra i Bonos spagnoli e i titoli tedeschi è di circa 507 bp, a livelli ormai considerati molto preoccupanti.

Tornando ai CTz, essi sono stati collocati per un importo di 3,5 miliardi, il massimo previsto dalla forchetta 2,5-3,5 miliardi, comunicata dal Tesoro. I titoli, con scadenza 31 maggio 2014, hanno raccolto richieste per 5,8 miliardi, per un bid-to-cover ratio di 1,66, in calo dal precedente 1,80 del mese scorso. I rendimenti sono schizzati al 4,037%, in netta crescita dal precedente 3,555%, ai massimi dallo scorso dicembre.

Oggi è stata poi la volta anche dei BTpEi, ossia dei BTp, il cui rendimento è legato all’inflazione media dell’Eurozona. Essi sono stati collocati per complessivi 751 milioni. In particolare, quelli con scadenza settembre 2016 sono stati offerti per 418 milioni e hanno esitato un tasso medio del 4,39%, mentre i titoli con scadenza settembre 2017 hanno offerto alla fine un rendimento medio lordo del 4,6%. In sostanza, i rendimenti si sono adeguati in tutti i casi ai livelli del mercato secondario e gli stessi analisti non hanno giudicato negativamente gli esiti, perché di questi tempi riuscire a collocare tutto l’importo sperato è già considerato un successo. Ma domani sarà la volta dei BoT a sei mesi, offerti dal Tesoro per complessivi 8,5 miliardi, mentre mercoledì toccherà ai titoli di medio-lunga scadenza, ma il tipo e i termini saranno comunicati dal Tesoro solo stasera, a mercati chiusi.

I timori sulla buona riuscita delle aste ci sono. Da troppo tempo ormai i nostri bond esitano rendimenti eccessivi, in linea con quelli offerti prima che l’Italia entrasse nell’Eurozona. Un raffronto con il 1997 ci suggerisce, ad esempio, che in quell’anno, i BTp a dieci anni rendevano il 6,1%, ma quelli tedeschi il 5,5%, cioè tassi molto simili. Oggi, a fronte di un nostro rendimento di quell’entità, i titoli tedeschi rendono il loro minimo storico sul decennale, l’1,4%. E i titoli a un anno hanno da mesi rendimenti zero e poco sopra lo zero gli Schatz a due anni.

Anche al fine di attirare nuova domanda da parte del piccolo risparmiatore, il Tesoro ha annunciato che tra il 4 e il 7 giugno sarà la volta del collocamento del BTp Italia, il bond retail, che potrà essere acquistato anche solo collegandosi online, tramite il proprio conto corrente, purché dotato della funzione trading. In alternativa, il bond potrà essere richiesto, come di consueto, tramite la banca in cui si ha un conto titoli. Si possono acquistare titoli per una quantità minima di mille euro di controvalore e multipli di mille. Non esiste limite alla domanda, quindi, anche tra una settimana circa l’emissione si terrà con la tecnica a rubinetto.

Si tratta della seconda emissione di questo tipo inedito, dopo quella di marzo, quando furono raccolti dal Tesoro 7,29 miliardi per la scadenza quadriennale. Entro la fine dell’anno si dovrebbe tenere ancora un’altra emissione di questo genere, probabilmente a settembre, ma non ci dovrebbe essere la quarta, come pure era stato annunciato ai primi mesi di quest’anno.

A differenza di marzo, il collocamento di questo nuovo BTp Italia ricadrà in una fase molto negativa del mercato dei bond, con i nostri titoli tornati sotto la mira degli investitori, che temono che oltre Atene, saltino pure Lisbona, Madrid e Roma.

A preoccupare, dicevamo, è il caso Bankia, il colosso bancario spagnolo, nato appena due anni fa dalla fusione di sette casse di risparmio e che ha già chiesto aiuto allo stato, ricevendo 4,5 miliardi di euro per non fallire, ma che ha già fatto richiesta di altri 19 miliardi. Il titolo oggi ha perso in borsa un altro 28% circa del suo valore, a dimostrazione della sfiducia profonda di cui l’istituto gode sui mercati.

Continua a tenere banco anche l’ipotesi che la Grecia esca dall’Eurozona, non dopo un rovinoso default incontrollato. La grande finanza è in fuga da Eurolandia e un colpo durissimo sulle chance di sopravvivenza della moneta unica potrebbe arrivare anche dall’Irlanda, impegnata il prossimo giovedì con il referendum sul Fiscal Compact. Qualora fosse bocciato, esso potrebbe rivelarsi irrilevante ai fini pratici, perché basta la ratifica di 12 governi su 17 per darne attuazione, tuttavia, rappresenterebbe la conferma della crisi di credibilità di Bruxelles e gli investitori, c’è da scommettere, non la prenderebbero molto bene.

 

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