Derrick Rose, il ritorno

Serata di tardo Aprile 2012; prima gara di playoff per i Chicago Bulls, forti di un record stagionale da favola, che ha portato la squadra al primo posto ad Est; gara inaugurale della post season contro i Sixers nel tempio dello United Center, il luogo dove nacque la leggenda di MJ. Minuti finali di una partita dominata dai Tori dell’Illinois; a seguito di una penetrazione con arresto a due tempi, il numero 1 in maglia rossa cade a terra: smorfia di dolore e mani subito a tenere il ginocchio sinistro.

Esito degli accertamenti infausto: il comunicato sull’infortunio riporta le tre lettere più temute nel modo della pallacanestro: ACL, acronimo inglese di legamento crociato anteriore; traduzione in parole povere: ginocchio sinistro sbranato, finita la stagione di Derrick Rose in maglia Bulls, abbandono di ogni speranza di lottare per il titolo.

La nuova stella nascente del firmamento NBA vede cosi concludersi, senza chance d’appello, la stagione che avrebbe potuto regalargli grandi soddisfazioni, dopo aver condotto con giocate da fantascienza, i Bulls al primato di Conference: playoff da indiscusso protagonista, bruciati in un attimo, una frazione di secondo lunga un’eternità, con gli attoniti spettatori ad osservare l’uscita dal campo del proprio beniamino, in un silenzio assordante.

La stagione della Chicago cestistica va avanti, con giocatori che mostrano unghie e denti digrignanti, per far vedere al mondo che non tutto sia perduto, salvo arrendersi in gara 6 contro la squadra di Philadelphia. Una stagione tribolata, costellata di infortuni per l’ex stella dei Tigers di Memphis,che riesce anche nella sfortunata partita contro i Sixers, a raggranellare 23 punti, 9 rimbalzi e 9 assist: tripla doppia sfiorata.

Il recupero dall’infortunio inizia subito: Rose vuole tornare ad essere il giocatore nominato Mvp nella stagione 2011/2012, il più giovane ad essere insignito di tale riconoscimento. Sedute in palestra massacranti; riabilitazione senza sosta, tanto da far sognare un recupero lampo e vedere il play di Chicago pronto, sebbene magari non al top, per l’inizio della stagione.

Una nota marca di abbigliamento sportivo, sponsor tecnico della NBA e del giocatore, inizia una campagna pubblicitaria altisonante, raffigurando una Chicago immobile, mentre riecheggiano le parole del commentatore statunitense che segnala l’infortunio di D Rose; la sequenza dello spot prosegue con le immagini degli allenamenti del campione, e la Windy City che riprende a muoversi, scandendo l’attesa per il suo ritorno in campo. Uno spot di un minuto che ha accompagnato ogni singola partita trasmessa la scorsa stagione: ma il recupero tarda ad arrivare, e cresce l’interrogativo su quando si potranno rivedere le gesta sportive del nativo di Chicago.

Quel che accade nei mesi successivi, risulta emblematico dell’imbarazzo e della scarsa chiarezza intorno a questa situazione: il rientro ufficiale è previsto per Febbraio 2013, dopo una serie interminabile di rinvii, dovuti a miglioramenti fisici che tardano ad arrivare.

Cresce l’attesa, ma di Rose e del suo gioco esplosivo nessuna traccia. Lo staff medico assicura il pieno recupero della stella; il giocatore sottolinea a più riprese di non sentirsi pronto e di voler aspettare. In questo circolo vizioso di comunicazioni discordanti, con lo staff dei Bulls che lascia piena facoltà di scelta al proprio tesserato, quasi a scaricare ogni responsabilità per il mancato rientro, esiste una sola verità: Derrick non torna in campo. Il motivo è chiaro: sebbene sia clinicamente guarito, un giocatore come lui, che fa dell’esplosività, della reattività, dei movimenti da felino puro la sua arma prediletta, non vuole e non può rischiare ricadute che possano compromettergli una intera carriera.

Nel basket un ginocchio non in perfette condizioni, visto lo sforzo a cui è sottoposto e la durezza dei contatti fisici tra i pro, deve essere trattato con guanti di seta. La stagione 2012/2013 vede accanto al nome di Rose il più classico “uovo”: zero in ogni casella possibile, nessuna apparizione in campo, campagna pubblicitaria illusoria e sprecata.

La scorsa notte, finalmente, il ritorno: partita di pre-season contro Indiana: 13 punti, 3 assist, ma quel che più conta, alcuni lampi del Rose che fu, giocatore dalla rapidità sconcertante, esempio classico di play nord-sud, capace di tagliare a fette le difese avversarie con accelerazioni da moto ad alta cilindrata. Guardando le immagini conforta vedere il play giocare duro, tanto da non temere i contatti, neanche quando di fronte viene a stagliarsi la figura di Hibbert, 2e18 di muscoli: Rose lo attacca, subisce il contatto, rimbalza e sigla due punti in appoggio da sotto.

Le luci del campo tornano a brillare; l’infortunio sembra ormai alle spalle: stavolta possiamo permetterci di affermarlo: All in for D Rose.

[foto: www.nanopress.it ]

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