La strage di Lampedusa ha seminato il panico nella politica dei partiti. L’ultimo caso è stato quello dei parlamentari eletti conBeppe Grillo. Il leader del M5S ha tuonato contro i suoi senatori che hanno presentato in commissione Giustizia un emendamento per l’abolizione del reato di clandestinità contenuto nella legge Bossi-Fini.
Le accuse del vulcanico creatore del movimento sono come sempre arrivate tramite web con un comunicato chiaro, nel pomeriggio. È infatti comparso un post, sul blog di Grillo, intitolato: “Qualche precisazione sul metodo M5S”. Il messaggio non è cifrato anzi, l’obiettivo era quello di riportare all’ordine i due senatori che non avevano rispettato il manifesto del movimento, riportare in parlamento ciò che il programma del partito stabilisce.
Al comico di Genova hanno poi risposto i due autori dell’emendamento Buccarella e Cioffi, ribattendo alle accuse in maniera molto chiara , difendendo la loro scelta. Buccarella fa un piccolo e poco sentito mea culpa, dicendo che probabilmente ci possono essere sistemi da affinare e da migliorare nella condivisione di scelte più delicate. Continua il senatore M5S, scusandosi, e dicendo che potrebbero aver sottovalutato la portata di quell’emendamento. L’altro senatore invece, Andrea Cioffi, aggiunge: “E’ tutto molto tranquillo, molto semplice, qual è il problema? noi abbiamo un regolamento, decidiamo a maggioranza. Grillo? Io non ci ho parlato, nessuno di noi ci ha parlato”.
Il movimento, che da un anno a questa parte sembra non riscuotere più tanto successo, con questo siparietto ha messo in luce due aspetti rilevanti della politica del Belpaese. Innanzitutto come i partiti non siano più un’unione di persone con idee filo comuni, ma semplicemente un unione di interessi, filo comuni. E poi, con grande rammarico della popolazione, la necessità di arrivare a situazioni estreme – come la tragedia di Lampedusa – prima di prendere in considerazione alcuni importanti temi, e risolverli.