…E la domenica della new age

Si chiama Domenico Berardi, è calabrese, ha la testa dura e un talento da predestinato. Gioca nel Sassuolo ma segna già per la Juve, che prima di tutti ne ha preso metà cartellino e ieri ha esultato per la prima volta dopo un suo gol. Di Francesco ha promesso che presto lo convincerà a chiedere scusa alla FIGC (che lo ha squalificato fino a marzo) per non aver risposto a una convocazione dell’Under 19, lui intanto guarda dritto e blocca la Roma all’Olimpico, nessuno aveva mai segnato a De Sanctis in casa sua.

Dieci vittorie e due pareggi, per carità non parliamo di mezza crisi giallorossa solo perché non ne hanno vinte dodici di fila: gli ultimi due punti sono figli di un piccolo e inevitabile calo, soprattutto realizzativo. Gli infortuni di Totti e Gervinho hanno costretto Garcia a cambiare il volto offensivo di una squadra che giocava a memoria, con i movimenti del capitano e gli inserimenti senza palla e ad alta velocità dell’ivoriano e Florenzi. Borriello è un attaccante che ha bisogno di cross e ieri si è pure fatto male, Ljajic è un solista elegante che spreca troppo davanti ai portieri, Destro non è ancora pronto. Ecco perché la sosta arriva al momento giusto per ripresentare poi, contro il Cagliari, una Roma di nuovo fresca e spietata sotto porta.

Non vorrebbe fermarsi adesso, invece, Antonio Conte. Dopo la sconfitta di Firenze, mi sono permesso di dire che la Juve non era morta, anzi. E in poche settimane, si è rivista quella squadra assatanata, compatta e micidiale dell’anno scorso. Buffon non era finito, la qualità di Pirlo è fuori discussione, Pogba è il centrocampista forse più forte d’Europa, Llorente adesso segna pure con continuità, tre gol a parametro zero nella grande sfida dell’Olimpico. Così, la Juve si è portata a una sola lunghezza dalla Roma, ridimensionando il Napoli di Benitez che non ha giocato all’altezza, indipendentemente dagli episodi negativi (primo gol in fuorigioco). La squadra di Rafa ha fatto il compitino, senza grande intensità, solo Insigne ha provato a riaprire la partita con alcuni colpi del suo repertorio. Lo stop servirà anche a Rafa per mettere in pista Reveillere, l’ultimo arrivato, necessario per dare ossigeno a Maggio e Armero, gli unici titolari delle fasce.

Anche il Napoli provò l’anno scorso a prendere Berardi, ma il Sassuolo l’aveva già promesso alla Juve. Il suo gol alla Roma rilancia la carica dei saranno famosi, la rivincita della new age contro il vintage di sette giorni fa. Perché Cristante (95) ha esordito finalmente nel Milan, Caprari (93) ha avuto la sua occasione da Garcia e Keita (95) si è preso la Lazio nel momento più difficile della stagione per Petkovic. Una bella storia quella del ragazzino spagnolo con origini senegalesi: lasciato libero dal Barcellona come Icardi, è stato preso per trecentomila euro anticipando persino il Real, adesso è il nuovo tesoro di Lotito. Che gli ha recentemente rinnovato il contratto fino al 2018, bloccando i tentativi concreti dell’Inter.

Salvo Petkovic, non invece Rossi e Sannino. La Samp aveva già pianificato di cambiare guida tecnica, solo una vittoria a Firenze poteva salvare Delio. Ma l’unico Rossi felice ha la maglia viola e la sua doppietta condanna l’omonimo dal destino segnato. Contattati e incontrati prima Corini e poi Zeman, sondato Reja, alla fine la scelta dovrebbe ricadere su Mihailovic: si aspetta solo il via libera della federazione serba.

A volte ritornano, anche al Chievo. Dove avevano pensato a Corini già in settimana e nemmeno il pareggio col Milan è bastato a Sannino per mantenere il posto fisso. In mattinata, previsto l’incontro con l’allenatore non confermato a giugno e accordo da definire e annunciare, se non ci saranno colpi di scena. Ha già preso la sua decisione il Milan, avanti con Allegri. Galliani ha telefonato a Berlusconi a fine partita e insieme hanno scelto di non cambiare. Perché la rivoluzione (più ampia e generale) sarà pure all’orizzonte, ma attualmente Galliani resta il dirigente responsabile di quanto accade a Milanello e dintorni: lavorerà fino al termine del mandato (apparentemente) come se nulla fosse successo, poi a fine stagione toglierà il disturbo se quella sarà la decisione finale e se nel frattempo non sarà riuscito a riprendere in mano le redini del mondo milanista. Nel frattempo, però, anche Allegri è chiamato a dare un segnale. Ultimamente ci sono stati (pochi) sprazzi incoraggianti, la squadra può e deve giocare meglio: Il Milan non avrà infatti una rosa da primi tre posti, ma nemmeno così poco attrezzata da giustificare un distacco di 15 punti dalla zona Champions, accumulati peraltro in sole 12 giornate. È ancora profondo rossonero.

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